L'uomo si aggrappa alla vita che è l'immagine prorompente della madre che ascolta e tutto perdona. Come il mare abbraccia la nuda roccia, ricevendo sostentamento e donando protezione, porgendole riparo. Velo, velluto ruvido che sia, in amore assistiamo al trionfo delle parti e alla denudazione attraverso l'atto, dei due mondi.
Il Simbolismo nelle scene d'amore riporta la realtà agli equilibri compromessi, elevandoci alla natura delle cose. L'estasi non è forse la sublimazione a deità, che si compie tra uomo e donna, tra gli opposti complementari che sono la ragione della vita stessa? Quanto la ragione guidata dal corpo sciupa, il linguaggio estetico ricompone. Estasi ed estetica si appartengono come rami della stessa pianta. L'estetica stimola l'estasi consentendo uno scambio spirituale tra fruitore ed artista che vengono elevati entrambi. L'estetica affina ciò che l'orgoglio, hybris, sconvolge. È il dono prezioso che si nasconde nello scrigno della vita non da tutti apprezzabile o coglibile. È la mela, il pomo dibattuto a cui tutti vorrebbero tendere senza alcun percorso preparatorio che ne consentirebbe la visione lucida e diamantina. L'impegno smorza la cupidigia e la tracotanza inscrivendoci nel cammino della percezione di Dio che si fa morbido in chi è preparato a riceverlo.
Cos'è Dio per i Romantici? La luce che dirada le tenebre col suo getto improvviso. Siamo noi nel sogno che mettiamo a tacere noi stessi, lasciando agire la scena liberamente. Ovunque l'uomo si assenti, lascia che Dio urli e lo cinga di fiamma dardeggiante.
Stupisce come sia gli artisti del Sublime che i Simbolisti all'epilogo del Romanticismo abbiano sviluppato "seppur in percorsi simili" uguale punto d'arrivo. La dimensione sognante libera la verità che dardeggia in istanti estatici. Nell'estasi che rapisce l'artista è Dio che si esprime e lo stato di abbandono a cui l'uomo cede lenisce la tracotanza ed esalta nell'umiltà la sua grandezza.
È interessante come Holderlin, il più importante poeta tedesco del Romanticismo, abbia legato Dio all'uomo tramite il sogno e l'estasi erotica. L'uomo che sogna è Dio, in quanto il suo ego e la percezione che ha di sé si assentano. La riflessione rende l'uomo mendicanre, asserisce Holderlin.
Quando l'uomo incontra l'estasi con l'arte diventa un dio attivo. Nell'atto sessuale invece, l'abbacinante piacere s'impadronisce di lui portandolo alla sublimazione del fuoco in luce, e poi solo lo lascia, come un figlio orfano.
È Dio, lo spirito a muovere tutto. La domanda che si pone è quindi, quanto dall'uomo creato è suo veramente? Quanto dall'uomo vissuto intensamente è suo veramente? Solo ritornando alla visione primordiale di una natura che tutto ha in sé prima di ogni distinzione rivelata, l'uomo può risolvere ogni dissidio tra lui creatura e Dio Creatore. Ed è su questo punto che interviene il Simbolismo con i suoi giochi di forme che dissolvono le forme stesse in un viluppo di unioni.
Le figure femminili che qui vediamo espresse hanno un che di ambiguo ma rasserenante. Sono spiriti puri come presenze pure sono le donne che costellano il firmamento dell'Art Nouveau. Nella primordialità del tutto non ci sono pareti o contorni e la forma è la tensione attivata dall'artista demiurgo che plasma la realtà così com'era prima di come debba essere. L'ibrido da hybris, non esprime uno sforamento della Natura ma è di accesso al processo di formazione della natura stessa. È l'interno della cellula, lo spirito che dall'interno la muove. Ciò spiega sul finire dell'Ottocento un'esplosione di casi di omosessualità o di bisessualità. Non c'è alla base nessuna finalità di trasgressione. Nel Simbolismo l'uomo desidera ancorarsi alla Natura, a quello stato antemorfico incoraggiato dall'uso degli allucinogeni. Ci furono senz'altro episodi di sperimentazione su se stessi attraverso il sesso con parters dello stesso genere, ma a livello di pensiero epocale, emerge il desiderio di ricollocarsi all'interno di una natura verginale e primordiale, a prima quindi che la civiltà intraprendesse il suo percorso. Ciò spiega le numerose figure vergini che ritroviamo ad esempio in Klimt. Quasi fossero dee o vestali di chissà quale lontana civiltà. La bimba e non il bimbo che dorme sul seno della madre nella "Natività" e nella "Maternità" esprime il bisogno interiore di nutrirsi di verità in un mondo sempre più compromesso dalla finzione e dai veli di Maya che ne ascondono la sostanza.