Anche gli animali sognano. Sonno e sogno si appartengono ed entrambi fanno riferimento a una dimensione altra rispetto a quella che percepiamo da svegli.
Con Schopenhauer si riaffaccia quanto da Shakespeare (l'autore che per primo ha posto l'accento sulla dimensione psicologica dei personaggi) subodorato ed espresso con poesia. Il filosofo difatti parla di contrapposizione tra il mondo illusorio segnato dalla presenza della ragione che regola le attività umane, e lo stato del sonno a cui anticamente si faceva corrispondere il sogno. Proprio su questa ambivalenza s'innesta lo scambio di ruoli al centro del Surrealismo nel Novecento.
L'interscambiabilità tra veglia e sogno non risponde a un gioco letterario, è quanto realmente si verifica in rapporto alla percezione del Sé e si fa concreto oggetto di indagine con la nascita della psicanalisi, tributata a Freud.
Quando sogniamo siamo svegli e viceversa, afferma Jung. Il terzo occhio esprime il raggiungimento da svegli di quanto approcciato nello stato di sonno. La specularità immaginifica di acqua e aria esprime e riporta all'Uno quanto insensatamente sparpagliato e anticamente raccontato attraverso il politeismo olimpico.
La maturazione della conoscenza sul piano empirico ha portato l'uomo alla personificazione dei gradi di conoscenza conseguiti. Il "S-ypnos" nella Grecia arcaica ha concepito "Oneiros" altro appellativo del sogno. Il primo è la condizione vera e propria di immersione, il secondo è la traslazione antropomorfica della condizione.
Il termine "onirico" diventa di uso comune nel Novecento attraverso la letteratura e l'arte che poggiano sugli studi approfonditi di psicanalisi. È un termine più ricercato come tutti quelli di matrice classica, ma che si adatta a più situazioni e con il carattere di sentimento. Il carattere onirico di un'opera prepara alla ricezione dell'opera stessa. L'ipnosi derivata da Ypnos rimane nei confini dell'ambito psicologico-scientifico.
Sulla base della concentrazione del pensiero nel Novecento sull'alternanza di veglia e sonno legata al subconscio si avvia la rilettura del mito di Ulisse nella quale si cala Joyce. Dal carattere poliedrico e polisemantico la fatica letteraria dell'autore irlandese pone l'accento sul turbinio interiore dell'uomo e nello stesso tempo sull'inefficacia della parola a tradurlo e ad esprimerlo. Leopold Bloom è Ulisse, Molly è Penelope. Due nomi che naufragano nella narrazione e che accendono la questione sul senso del nome che svapora nel momento in cui il soggetto non è più tale ma presenta al suo interno svariate sfaccettature a cui corrispondono altri svariati soggetti. Si assiste alla polverizzazione dell'io, alla sua disintegrazione che annulla l'accezione classica di specchio riflettente l'io e il Se'. Il tema della "disintegrazione" incide nell'elaborazione post punk del linguaggio nuovo eversivo del Decadentismo anni Ottanta e va a intitolare un celebre LP dei Cure che fra tutti i gruppi si distinguono nell'affrontare tale tema.
La disintegrazione e prima, l'inserimento degli specchi l'uno nell'altro che riflettono e mostrano aspetti sconosciuti dell'Io. È quanto il Surrealismo propone, fino allo straniamento dell'uomo da se stesso. È quanto Michael Ende in chiave simbolica ci comunica attraverso la sua raccolta di racconti "Lo specchio nello specchio" diventando l'emblema del Surrealismo tedesco di seconda generazione.