C'è una gioia nei boschi inesplorati, C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, C'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più. (George G. Byron)
La mancanza di contatto tra gli uomini, lo scollamento dalla Matera primordiale crea isolamento e solitudine. L'uomo del Romanticismo vive l'altro nella Natura magnanima e crudele come ci ricorda lo stesso Leopardi. Sulle ceneri del l'Illuminismo egli riflette lo stato di Pensiero sui moti dell'anima. La Patria diviene una necessità per improntare la nazione su una condizione di fratellanza che contrasti e superi lo stato dell'individuo come essere a parte. “Egalite’ liberte’ fraternite’” risuonano ancora per l'Europa travagliata su diversi fronti che mettono in luce diverse velocità con cui si va incontro al modernismo capitalistico.
Il nuovo approdo e’ la conquista del cambiamento da cui si viene tagliati fuori se non compartecipi attivamente di questa nuova umanita’ emergente fondata sulle regole dell’economia. Il ritorno allo stato primordiale e’ possibile nel recinto di un confronto dialogico tra uomo e Natura. nell’ambito di questo dialogo sofferto il soggetto s’introduce nei meandri di una nuova psiche che stenta ad adeguarsi alla celerita’ a cui le trasformazioni sociali sono sottoposte.
L’approdo nuovo e’ una estraniazione dalla condizione di alba popolata di miti e il poeta esule in questa vita trova conforto bel paradiso dei ricordi, il luogo arcadico, la patria perduta. La letteratura classica smuove il mare statico delle abitudini che incalzano incontro a nuovi stadi di progresso e diventa la patria di chi trae sostentamento dal passato per un'esistenza di sostanza. Pindemonte, Foscolo, Leopardi ci consegnano attraverso i loro passi un monito di un’attualita’ struggente rivolto all’uomo di oggi e allo straniamento da cio’ che e’ naturale.
L’approdo si identifica nel ritorno all’origine e già Giordano Bruno nel “La cena delle ceneri” lo aveva puntualizzato reduce della sua formazione ermetica che si confa’ ai pilastri dell’antica tradizione sapienziale.
Non si può approdare al principio di partenza se non si recupera quella che oggi e’ definita in senso lato e barbaramente “tradizione”, facendo riferimento a una summa esperienziale da trasmettere allo scopo di conservare e preservare nel tempo. La tradizione non è un cimelio da custodire in una teca di cristallo, e’ il motore vivo dell’individuo e della civiltà in cui egli opera e coopera e si rifa’ strettamente alle radici che evocano gli eoni della protostoria. Le scuole iniziatiche si muovono sulla base di questo principio assiomatico che si estrinseca attraverso l'energia dei fratelli che portano in vita gli avi e i predecessori illuminati la cui profanazione energetica indirezzera’ il senso dei lavori. Il teschio che ritriviamo nei templi massonici non e’ un decoro di macabro o perverso gusto, ma e’ il simbolo di una tradizione viva a cui si obbedisce per principio.
Altra cosa e’ la scoperta e analisi vichiana dei corsi e ricorsi storici. La struttura ad anello che si estrinseca seguendo il corso degli eventi dell’uomo. Tutto si ripete in un ciclo che vede in primo piano l’azione del potere, a cui si contrappone la deposizione dei beni materiali, il vero cavallo di battaglia di una seria scuola iniziatica.