Sul tema del viaggio a me tanto caro è incentrata questa recensione scritta sulla stupenda e per alcuni versi struggente silloge poetica dal titolo "Un seme oltre Oceano" forse tra i capolavori più grandi del suo autore e non solo, il poeta internazionale Gastone Cappelloni, un'autentica pietra miliare nell'attuale cultura contraddistinta da forti scossoni e ciechi sbandamenti.
Il viaggio è la Patria dei ricordi. Il viaggio è un andare acceso nel silenzio dei giorni. Siamo viaggio e ciò ci riempie di sostanza nel difficile equilibrio tra sogni e materia. È del Poeta limarsi attraverso le lacrime versate sul destino che marca i giorni. Questo cadenzare di gocce dà corpo al tempo e seminando ci colma di quanto abbiamo dato. Il viaggio diviene così ragione degli ossimori che distruggono ma governano le anime più nobili nel palpito della luce delle stelle e delle notturne dimore oltre gli orizzonti percettibili.
Il viaggio è la terra dell'intuizione e rimane scolpito o meglio tatuato sul cuore del poeta. Viaggio dell'esule senza patria come nel Foscolo, viaggio di chi è spedito al confino e rimugina sulla pienezza dei ricordi, come nel caso di Pavese. Viaggio nei territori inesplorati dove arretra la ragione, come nel caso di Leopardi. Il viaggio è il comune denominatore di chi ha la percezione di essere qui e altrove, e l’intuizione di riuscire a sentire attraverso membra e occhi e con la permeabilità dell'anima che è struggimento e la nostra grandezza. Allora accade che il logorio maturato dal disincanto porti a un linguaggio ruvido che apre a scenari schietti o al contrario melanconici e straordinariamente aulici. Oggi, con questa realtà sociale travagliata e senza alcuna paternità di progetti, la cultura è una nave tra i flutti in tempesta. La rabbia soverchia e frusta il cielo delle parole e la poesia si fa scarno simulacro del vuoto esistenziale, spesso sostituita dalla canzone dove la musica ancora trasla e innalza.
Nella su descritta realtà dicotomica della poesia, c’è chi rilancia il fascino dell’abbandono alla bellezza delle cose che non rimane sospesa come un'astrale rivelazione, ma si adagia sulle cose illuminandole dall’interno. È il caso del poeta Gastone Cappelloni, musichiere delle parole che lui unisce e cuce come una collana di perle posata sul tessuto delle cose che lui vede e registra e annota con un'eleganza non fine a se stessa, bensì veicolo della pienezza del mondo che pochi notano e sulla quale lui indugia. Dotato di un'effervescente dinamicità creativa, Gastone non è solo l’illuminato che sposa la bellezza delle cose intelleggendole dall'interno ma, in quanto dotato della sagace virtù di chi sa abilmente denunciare, scuote e smuove mantenendosi sul piano di una incarnata sensibilità. È il poeta del vero che fluttua sul velo delle cose fino a riscoprire il senso sotto strati di menzogna culturale. Il viaggio per lui allora è motore della ricerca che ha come porto convinto la verità.
La verità indossa spesso linguaggi diversi che vanno dall’animica e siderale spiaggia alla disincantata e glabra dimensione urbana, il tutto filtrato dalla sapiente lente che riporta al compiuto la follia delle cose.
È un anticonformista dall'animo gentile Gastone, è un autodidatta creatosi da solo, educato anche mestamente dalla prospettiva della vita come perdita e allentamento di quella tensione che respirando ci unisce e ci allontana e mai ci separa. Non può esserci separazione nell'animo di chi si fa interprete del viaggio di andata incontro al miraggio dell'esistenza cosparsa di svariate isole unite e abbracciate dal mare che dilata e contiene, e proprio il mare unito al tema del viaggio è il soggetto portante della sua raccolta "Un seme oltre Oceano" tradotta anche in spagnolo e totalmente imbastita sui sentimenti: il bagaglio di ogni tappa esperienziale.
L'idea di fondo è quella di trascrivere i sentimenti a seguito della partenza dello zio in Argentina. Il radicamento altrove che segue allo sradicamento mai effettivo dal momento che i ricordi sono il vero mastice con cui diamo forma ai sentimenti, e la base di ogni vera certezza. Il mare è l'elemento fondante che galleggia sui pensieri raccontati e decifrati con maestria poetica. Il mare è slancio e contenitore dentro cui ritroviamo momenti dell'infanzia adagiati su fondali azzurri nella prospettiva di una vita che continua e ci spinge oltre. E così il mare ritrova il suo gemello interiore che è Il cielo dalle infinite spaziature dove tra le linee di un pentagramma intonato dalle parole sapientemente quanto spontaneamente scelte, viene fuori un ritratto del poeta narrante che si fa interprete delle altre individualità parentali, sottoinsiemi del suo mondo e del suo bosco creativo. Mutevole è la realtà insieme alle nostre scelte e la bellezza irragionevole trasudata va abbracciata lasciando cadere il sudario dell’afflizione. Il cedimento è di tutti, ma in Cappelloni è il tronco stanco che si appoggia ai pilastri del suo mondo.
Nella poesia "Padre raccontami" la figura paterna diviene patriarcale sostegno a cui le radici rimangono appigliate. È lo scoglio sommerso che slancia e spinge verso la superficie. In lui risuona il mito dell'eroe che parte per protrarsi e protrarre altrove, come accade ad Enea con Anchise. Il padre è la figura muta dei miti che respiriamo nelle vestigia dei figli. È l'eroe dormiente che dà slancio alla narrazione di ogni vita e in Gastone coincide con la figura dello zio sbarcato in Argentina e a cui lui resta legato. Padre e madre compaiono come figure archetipiche di respiro universale nella configurazione della doppia identità che il poeta Cappelloni si porta dentro, nell'incanto dei ricordi e del legame viscerale alla realtà spesso crudele a cui lui rivolge i componimenti più oscuri e montaliani. "Madre mia” profuma dell’altalenanza tra le due realtà sopra descritte e di cui quella paterna è la più empatica. "Così senza rumori" è stasi dell’estasi e diluizione del tempo dell’eternità rasserenante e silenziosa a cui fa da contrappunto "Sette di sera" in cui ogni momento della giornata va a scandire il tempo che è quindi guida alla famiglia delle nostre abitudini. "Ricordami o padre" è un'invocazione e supplica a non recidere quel filo interiore che ci mantiene a galla attraverso il gorgo dei ricordi che ci sbattono nel presente aiutandoci a vivere, ricordandoci che siamo qui e siamo dove il nostro cuore spiaggia. Siamo qui e il cielo è abbastanza grande per accogliere i tanti noi e le mille realtà in cui crediamo e siamo.
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