La ribellione è un atto che porta necessariamente a riappropriarsi di se stessi. Nasce da dentro e si afferma come gesto di libertà da parte di chi non si riconosce in una realtà o in una dimensione dagli schemi precostituiti. La ribellione vissuta dalla prospettiva dell'Arte parte da una rinuncia a una serie di realtà in cui l’individuo artista si trova fuori luogo e che non contempla la sua visione del Bello.
Attraverso la Bellezza si compie la nostra realizzazione più grande perché innanzitutto essa vuol dire imprimere nel mondo la propria significativa presenza, aiutandolo ad essere migliore. Denuncia e Rinuncia sono in Arte legate dal denominatore comune che è la Bellezza spesso intesa come chiave di volta di un percorso che tende a mettere in discussione il Presente e i suoi tratti distintivi. L’intervista che stiamo per leggere trae ispirazione dal sentimento di ribellione di chi non si riconosce nelle definizioni odierne che passano anche attraverso il contributo dell'Arte e dei suoi messaggi incapaci di colmare il vuoto identitario dell'uomo. L'uomo di oggi è pieno di tanto ma vuoto di se stesso e per riempire questo vuoto occorre recuperare il legame con la Bellezza attraverso il ripristino della Natura che è sede di autenticità e di primordialità. In tale ottica comprendiamo l'operazione culturale sovversiva per molti versi, ma in bene, condotta dall'artista Ri Punk, alla quale ha dato il nome di Rinascimento Punk.
Ri Punk, quando nasce questo progetto?
“Nasce nel 2018 come movimento di protesta rivolto agli ambienti artistico culturali di Firenze che a mio avviso necessitano di essere svecchiati. Nasce da una visione anticonformista della cultura monopolizzata dai soliti personaggi che lavorano a contatto con l'Arte traendone profitto economico. È una visione del tutto antitetica alla mia che considera la pittura e l'Arte in genere, collegate al principio di una continua rigenerazione resa impossibile da chi vive l'universo Arte in modo ingessato e altresì slegato dalla realtà.”
L'Arte è testimone e portatrice di nuovi fermenti che partono proprio da una visione ideale interiore che viene applicata alla realtà. “Rinascimento Punk” di primo acchito sembra un ossimoro tra la floridità dell'epoca di rifioritura delle Arti, ovvero il Rinascimento, e "punk”che nasce proprio da una ribellione giovanile verso una realtà ormai satura.”
“Effettivamente c’è in me la volontà di andare contro una visione conformista della realtà, che vede complice l'Arte come attività autopromozionale e oligarchica e che pertanto in tale prospettiva viene svuotata di ogni suo valore e messaggio. Il "Punk" sappiamo essere servito proprio a traghettare l’uomo verso una nuova realtà di rottura con la precedente, in prospettiva della necessità di rifondare l’uomo sul recupero della semplicità in rapporto al richiamo autentico e primordiale delle radici.”
Proprio in tal senso lei è partito dal graffitismo.
“Erano gli anni Novanta e c’era in me il desiderio di scalfire il conformismo vigente riconsolidando il legame tra l'uomo e i valori che ognuno dovrebbe riportare alla luce a iniziare da se stesso.”
Forte è l'impronta di protesta nella sua arte che utilizza vari linguaggi e svariati materiali.
“Protesta sì, ma sempre finalizzata alla ricostruzione, affinché l'uomo non si disperda. Io cerco in ogni caso di salvaguardare il Bello però inteso come recupero di una primordialità educata al senso del rispetto verso se stessi e verso gli altri, e in questo viene in soccorso la Natura purtroppo manomessa e controllata dall'uomo.”
La bellezza non come un valore stereotipato, chiuso e inaccessibile, ma permeata di quel respiro vitale che la Natura rilascia, nonostante l'ottenebramento indotto dall'uomo. Le sue sono opere punk anche perché esulano dal discorso accademico. C’è la volontà nei suoi primi lavori di rifondare l’uomo attraverso uno studio analitico dei linguaggi oggi fortemente abrasivi nei confronti di un'etica messa a tacere da gravi e mortificanti scatti di rivalsa dell'individuo. A tal proposito, come lei considera la pandemia attuale?”
"È un forte monito diretto all'uomo che per forza di cose dovrà necessariamente cambiare rotta. Non si può più procedere secondo le modalità e le scelte del passato. Sento le persone desiderare il ritorno a un vicino passato, ma per me è fuori da ogni logica. Dobbiamo cambiare approccio col mondo e con la Natura, altrimenti non ne usciremo."
Lei si considera fortemente anarchico.
“Non è una definizione propriamente politica. Per me l'anarchico è colui che porta avanti se stesso senza condizionamenti di sorta. È il cane sciolto che non trova riferimento in questa realtà scialba e affaristica e che è stato deluso anche dalla Sinistra in cui non si riconosce più, perché scesa a patti con la logica dominante.”
Lei a riguardo mi citava De André.
“Sì. Per De André l'anarchico è colui che s'impone delle regole, prima che gliele impongano gli altri. È pertanto fedele a se stesso.”
Quale posto occupa la Natura nella sua espressività artistica?
“È sul podio, specie negli ultimi tempi e non solo per l'operazione di riciclo che porto avanti con la mia arte. Anche in passato quando come adesso mi dedicavo ai murales, ero ben attento a utilizzare sempre colori naturali e biodegradabili. Adesso mi sono espanso in orizzontale e abbraccio diversi stili. Non faccio solo pittura ma anche sculture e in questo mio operare trovano ampio spazio i materiali di scarto. Io sono quello che va rovistando nei cassonetti e che a chiusura dei mercati porta via i resti di cassette e quanto altro, per farne lavori.”
Attraverso il riciclo si riporta in vita ciò che non è più. Si conferisce nuova forma a ciò che l'ha persa. In una visione circolare della vita che prevede l'orientamento verso l’eterno ritorno, non si può prescindere dalla logica del riciclo che è obbedienza all'etica di fondamento della Natura nella quale tutto si trasforma e niente si crea dal nulla. Ciò vale per la materia in tutti i suoi aspetti e per la Scienza attuale che mira a rifondare l'uomo sulle basi di quanto era già nella notte dei tempi. La cultura del riciclo ha riproposto in chiave nuova l'etica della resurrezione di tutto, attraverso il ciclo di rinnovamento che si compie su questa terra. "Riciclo", "Etica" e "Arte" sono tra loro connessi e lei attraverso il suo ingegno lascia detonare questa splendida triade.
“Grazie. Il mio impegno artistico è proprio questo. Caricare le mie opere di messaggi costruttivi che tocchino argomenti come la ricostruzione partendo dall'interno dell'uomo, l'ecologia e l'uguaglianza.”
E ciò si riflette anche nei suoi gusti musicali. Ha menzionato De André. Quali altri autori ci sarebbero?
“Battiato per me è il primo. Una grande impronta mi è stata depositata dalla musica dark e punk anni Ottanta che ha contribuito a formarmi. Poi tutto il repertorio rock Grunge capitanato negli anni Novanta dai Nirvana.”
A me fa tornare in mente gli anni Ottanta, quando tra noi giovani correva l’espressione “punk” a rappresentare qualcosa di rivoluzionario appunto. C’era esagerazione e voglia di andare controcorrente anche a costo di compiere scelte esteticamente orribili come ad esempio portare criniere colorate, trucco esagerato… La protesta a volte sottomette la Bellezza, se la libertà non è orientata verso qualcosa di pulito che si mescoli a un desiderio di ritorno tra le braccia di una sacra primordialità.“
“La cultura di oggi ha abbruttito tutto perché fondata sull'individualismo.”
Ri Punk, nel 2018 aveva forse sentore di quanto da lì a breve sarebbe avvenuto?
“Io dico sempre che l'Artista è anche veggente. Sentivo che stavamo toccando il fondo e forse in me c’era una recondita sensazione di quanto si sarebbe da lì a breve manifestato. Il resto è novità.”
Lei ultimamente si sta dedicando all'arte degli abbandoni. Che cos’è esattamente?
“Sì, è una mia espressione artistica che parte sempre dal discorso del riciclo. Costruisco quadretti semplici e li lascio dove capita, anche per strada. Sono un dono per chi sa coglierli con lo sguardo. Ecco, per me l'arte è condivisione. Quindi preghiera e dono.”
Non può esserci Bellezza in chi non sa cogliere nella propria interiorità qualcosa di pulito, quella traccia bianca che lo porti a sentirsi estraneo nella realtà sommaria, ma anche vicino spiritualmente a chi è sano dentro, come lui. Io e Ri Punk durante la telefonata abbiamo ripescato tra i ricordi le canzoni dei primissimi Cure, in particolare “Killing an Arab” che trae ispirazione da “Lo Straniero” di Camus. Allora c’era dialogo e voglia di comunicare. Tra i giovani e non solo, di oggi, questo si è spento. Si vive tutti separati e collegati da un sistema virtuale che ci lascia sempre più vuoti e soli. I più sensibili sono portati allora a seguire l'onda di distanti corrispondenze con persone che non conoscono e che pure sentono accomunate a loro dalle stesse esigenze e soprattutto dallo stesso sentire. È questo a smuovere le opere dell'arte degli abbandoni che ho collegato alle tante preghiere lasciate sui sentieri di montagna dai monaci tibetani, fazzoletti e campanelli sospesi nel vento di alta quota. Un pensiero è pur sempre una preghiera se innalzato da un cuore pulito e la preghiera si fa dono e luce nell’oscurità. È una candela che diviene stella al tremolo passo del viandante.
È questo l’aspetto che più di tutti mi ha emozionato dell'arte di Ri Punk. Questo suo andare col destino delle cose che porterà sempre a un incontro, lontano o sofferto, ma pur sempre a un incontro e questo è già di per sé un passo in avanti nella conquista di qualcosa di nuovo e di bello.
Credo che questa intervista offrirà a tanti svariati spunti di riflessione e occasioni di incontro con se stessi e con chi abbiamo trascurato nel tempo. Dal canto mio, non posso che ringraziare Ri Punk per essersi lasciato andare al racconto della sua arte portatrice di tanti messaggi. A lui e a Rinascimento Punk i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.
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