Guardare non è necessariamente vedere. Il guardare è ciò che passa davanti agli occhi e non lascia traccia. Il guardare non è neanche di preambolo al sembrare che ci lega al sapore del ricordo. Ciò che sembra avvicina e fa scattare in noi l'associazione a qualcosa di già visto o già conosciuto. Ciò che sembra è il risultato di una percezione e deposita in noi la sua orma. Ci percepiamo e percepiamo la realtà se siamo in noi. Questo collegamento di fa scattare internamente l'abbinamento essere esserci.
La parola scatto la usiamo correntemente e in diverse occasioni. Nasce spontanea obbedendo a un meccanismo che preserva il nostro carattere umano. Lo scatto è l'attimo che si rivela a prescindere da ciò che vogliamo razionalmente. Lo scatto è altresì il momento in cui noi agiamo su noi stessi, orientando la prua della nostra estensione animica nel mondo. Lo scatto ci rende presenti e attivi con una sorta di richiamo che smuove le nostre corde interiori. Le lascia vibrare agendo sul tempo che è la misura della nostra razionalità. Nello scatto si adombra la volontà come agente logico razionale, per lasciare cantare il nostro lato più sensibile o altresì impetuoso.
In ogni attimo nasciamo e ci spegniamo. In un solo scatto agiamo, prendendoci la fetta di realtà che ci spetta. Al contrario, con uno scatto impulsivo togliamo agli altri il loro margine di azione o la loro fetta di vita. Lo scatto può essere tante cose: realtà bruciante o sottrazione che conduce all'irreversibile.
Scattare è anche imprescindibile studio sul tempo. È trattenere le forze e il fluire dinamico e compulsivo del tempo, per poi lanciarsi in una corsa sfrenata e forse, è proprio quest'ultimo aspetto che più caratterizza l'estro dell'artista che sto per introdurvi.
Armando Ganapini, milanese, si definisce un fotografo amatoriale col merito di saper scegliere il soggetto a seguito di una valutazione realizzata interiormente. Militare degli Alpini, ha il dono della calma, una virtù oggigiorno sempre più rara, che gli consente di osservare immagini e discorsi e di riflettere a fondo su di essi con una maturità che va ben oltre i suoi 27 anni. I giovani della sua età oggi sono ancora sbarazzini e affamati di vita al punto da lasciarsi sfuggire il sapore della vita stessa e da non cogliere e non rilasciare profondità. Non è solo la disciplina militare ad aver forgiato l'anima di Armando, come non è solo la passione per i classici ad averlo improntato alla riflessione. Sicuramente entrambi gli elementi hanno contribuito alla sua forma interiore e a svilupparla all'insegna della ricerca delle vibranti esperienze esistenziali in ogni dove e nella Natura. Saper guardare significa rispondere al richiamo dei luoghi, che essi siano fisici o stati dell'essere. La Natura è espressione di vita sotto molteplici aspetti che da quello più rarefatto e sottile passa al più solido e viceversa, tutti degni delle medesime attenzione e partecipazione. La realtà in quanto tale, si fa veicolo trainante della verità che in essa si esprime. Pertanto la fotografia che filtra il reale è essa stessa dotata di un’impronta iniziatico epifanica ed è essa stessa in grado di stimolare sul piano della sensibilità lo sguardo rivolto all'Assoluto.
Non è forse l'Arte strumento di detonazione della Verità?
Non può esserci verità nell’animo umano, che non si lasci intiepidire dall'emozione sollecitata da un'opera che sublima lo sguardo sul piano interiore. E non può esserci vera Arte che non contempli l'esigenza di porsi attraverso la semplicità. Questa è cura dell'essenziale e sua manifestazione. Pertanto è l'espressione più elevata della Verità e si mostra appieno attraverso la fotografia di Armando. L'uomo scompare assorbito dallo spettacolo del cielo che indossa le sue vesti superbe inscenando tramonti e chiarori serali sul mare sovrastato da fughe di nubi che si spingono al largo dell'infinito o ad esso tendono. Cos'altro ci sarebbe da aggiungere a quanto descritto e raccontato? Lo scatto è prostrarsi dinanzi a quanto di divino si mostra attraverso la trasparenza del cielo in determinati momenti, perché lo scatto è il momento che racchiude il tutto. Il momento esaustivo.
C'è bellezza nel Creato e l'uomo pare omaggiarla attraverso le sue opere concrete che di per sé si esprimono anche attraverso l'ordine ricorrente nella sequenza di arcate o nell'opera architettonica delle chiese slanciate, nella profondità della sera. Armando Ganapini è innamorato della terra coniugata al cielo e dei luoghi pregni di classicità, che sanno raccontare questo slancio. È innamorato della Grecia e dei suoi paesaggi da capogiro filtrati attraverso le opere di un'umanità che ha saputo donare tanto e lasciare segni inviolabili dalla consunzione del tempo. Le croci e le campane si stagliano nel cielo rischiarato dall'ultimo soffio di luce. Maaestose nella loro nudità appaiono come i borghi corollati di lucine artificiali, uno sparpagliamento di frammenti siderali operato dall'uomo nel trionfo del crepuscolo.
È il cielo che fa grande il mondo o il contrario? Di certo l'uomo non è colui che rista nella sua totale indifferenza dinanzi agli spettacoli della Natura, ma è colui che sa ascoltare e nutrirsi della Natura che non ha bisogno di altro se non di se stessa per lasciarsi ammirare. Ecco che compare a un lato della spiaggia nell'ora dorata del tramonto una figura umana che avanza celermente, mentre l'aria sembra intrattenersi nella sua calma. La solitudine allora si ammanta di luce che lascia risplendere tutto ciò che le si concede. Laddove il cielo si spegne per accendersi dei suoi lumi astrali, le luci umane sprigionano il loro incanto. È poesia l’arte fotografica di Armando Ganapini e fortemente umanistica perché rivolta a quella sensibilità del passato che trova riscontro ancora oggi nella sacralità che traspare dalle chiese e prima ancora dai muretti di pietra che raccontano e si raccontano.
Tutto ciò che ha una memoria è sacro per Armando nel quale il piccolo e il mastodontico incrociano il loro passo abbandonandosi all'essenziale che, spoglio di orpelli, lascia sporgere il sapore di ciò che è primitivo e primordiale. Nel racconto della terra e delle disadorne spiagge traspare il valore archetipico della fotografia di Armando Ganapini capace di considerare e infondere profondo valore in ciò che è lì da un tempo eterno e pertanto acquisisce storia e bellezza, un'anima intramontabile. Ricercare l'Eterno nel cielo che si svuota pian piano di luce all'ora del crepuscolo, rintracciare il semplice nelle opere architettoniche rivolte all'eternità divina travalica il banale e si presenta con un'impronta enigmatica attraverso la fotografia di Armando. C'è studio non nel momento della ripresa ma alle spalle, riassorbito dalla visione della realtà riorchestrata dalla maestria dei propri occhi. In Armando succede ciò che egli ha imparato ad essere e si esprime nella voce che le sue opere lasciano udire in chi è colmo di una sua pace che lo pone in relazione col tutto e con l'anima del mondo. Al di là di ogni contrasto e di ogni crepa che si risolvono in una superiore armonia.
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