La morte è un pensiero dell'anima incapace di svincolarsi dalla contingenza della realtà, tarpando le ali ai piu’ fragili. Si continua a pensare alla morte da epidemia soprattutto ora che piano piano ognuno dovrebbe riprendere la propria vita, quasi la vita non fosse che il lato ingannevole della morte e non il contrario. Gli aiuti assicurati dal Governo non sono bastati per tutti, perché non è stato fatto un distinguo tra tutti gli esercenti e i liberi professionisti. Tra questi ci sono infatti, oltre a coloro che per mancanza di soldi non potranno più riprendere ad esercitare, anche quanti nel timore di confrontarsi con una realtà molto diversa da quella lasciata, non riapriranno più.
Il mondo dello spettacolo è tra le categorie che subiscono di più la distanza del Governo. Non credo che il motivo risieda nel luogo comune per cui chi opera in questo campo, e’ fuori da ogni dubbio benestante se non ricco sfondato. Il mondo dello spettacolo oggigiorno è molto variegato e include non solo attori e registi di fama, venerati specie dal pubblico femminile. Oltre alle cosiddette celebrità che spesso senza alcun vero merito si ritrovano in vetta ai consensi del pubblico, esistono altri professionisti che lavorano nell'ombra, attori non rinomati ma molto talentuosi che vivono il mondo dello spettacolo con profonda partecipazione, contribuendo alla vera arte. E poi tecnici, truccatori e tutto un apparato di gente che sulla scena non compare, ma dà la possibilità allo spettacolo di vedere la luce, nonché di essere visto. Questa categoria insieme a musicisti, cantanti, cabarettisti e attori veramente bravi si ritiene di questi tempi bistrattata da un Governo che sta dimostrando di non avere a cuore la cultura nei suoi più seri attributi.
Tra gli attori dimenticati spicca Valter Venturelli che in tanti sicuramente abbiamo avuto modo di apprezzare sul piccolo schermo per la partecipazione a fiction seguitissime e di successo.
Valter, lei ha speso la sua vita all'insegna del teatro inteso come trasposizione scenica di principi e valori edificanti per l'individuo e adesso, in questo momento in cui tutto sembra essersi fermato, si sente profondamente avvilito e umiliato. Vero?
“Sì, sono avvilito se non disgustato. Approfitto di questa intervista per focalizzare l'attenzione di tutti su quanti operano nello spettacolo e versano in condizioni economiche critiche. Pertanto, mi faccio portavoce del malessere che circola nel mio mondo. Stiamo attraversando un momento davvero complicato perché siamo considerati su tutti i fronti persone inutili che non meritano alcuna considerazione. Il mondo di chi opera nei settori del teatro e del cinema purtroppo è da tanto che deve fare i conti con una realtà di decadenza. Si sa che nel mio settore si va avanti grazie a spinte, contatti politici e raccomandazioni. Questo si sa da sempre, ma mentre un tempo anche la raccomandazione operava una cernita sulla qualità, da qualche anno non è più così. Sono cambiate le dinamiche di approccio e di confronto con la realtà dell'arte e dello spettacolo, per cui chi ha veramente talento e una sensibilità profonda, le due cose a mio avviso non vanno disgiunte, non si sente considerato.”
Valter, da quanto non lavora più?
“Diciamo da due anni. Risulto iscritto a un'agenzia di quelle che dovrebbero fungere da tramite col mondo dello spettacolo, ma sono quattro anni che non sono pagato, e le ultime proposte arrivatemi erano così avvilenti, che le ho rifiutate.”
Valter, lei ha subito una brutta delusione anche dal mondo del cinema a proposito di una fiction in cui aveva un ruolo importante. Nonostante la sua ottima interpretazione, la fiction non ha riscosso successo. Vero?
“Purtroppo sì. La fiction è “I Camorristi" lanciatissima dai rotocalchi stampati e televisivi perché di livello veramente alto. Il regista e’ il grande Stefano Accorsi, una vera garanzia, eppure la fiction non ha riscosso il successo aspettato perché trasmessa in un periodo in cui la tivu' era inflazionata da film sullo stesso argomento: la malavita.”
Un vero peccato. Com'è arrivato a lavorare in questa fiction?
“Fui contattato da un'agenzia di casting che aveva notato le mie foto in rete. Ero, mi creda, veramente entusiasta di questa chiamata. Sono stato pagato molto bene per un ottimo lavoro con un regista serio quale è Accorsi.”
Quindi, ha senso per un attore mettersi in rete? Si ottengono riscontri effettivi?
“Certo! La rete ti da' quella visibilità indispensabile per chi lavora nel mio campo.”
Chiaramente è un mondo che presenta tanti tranelli e in cui bisogna essere capaci di riconoscere l'offerta valida da quella illusoria o peggio ancora ingannevole. Ma lei si definisce uno che ha fiuto e ha saputo crearsi dei contatti intelligenti anche nel teatro, vero?
“Be', diciamo che per un periodo ho frequentato il giro dei veri professionisti del teatro. Ne facevo parte anch'io quando lavoravo nel teatro Valle. Ero lì dapprima come addetto al pubblico, poi, dopo un anno e mezzo, ho recitato anch'io.”
Che mondo era ed è ancora quello del teatro Valle?
“Il teatro Valle era frequentato totalmente da grandi nomi. Lì si sono esibiti i più grandi talenti. All'interno ho conosciuto Camilleri, Franca Valeri e tanti altri.”
E al pari degli altri talenti si e’ esibito anche lei, vero?
“Sì e per ben due volte. Lì ho debuttato con il lavoro di Pirandello “Sei personaggi in cerca d'autore.”
Valter, lei come veramente pochi nel campo della recitazione, è andato sempre più in alto grazie ai continui approfondimenti e confronti con la cultura, giusto?
“Vero. Io sono uno che studia molto, che vuole imparare e che ama rapportarsi alla cultura. Nel mio campo sono sempre andato alla ricerca di continui perfezionamenti e non mi sono mai tirato indietro dinanzi alla proposta di frequentare laboratori teatrali allo scopo di migliorarmi. Non ho mai temuto il confronto diretto con la mia preparazione e con quella degli altri.”
Complimenti davvero. Riguardo al cinema, lei ha debuttato diciassette anni fa con il regista Bolognini. Poi ha lavorato nella bella comparsata di un uffciale in un film di Giancarlo Giannini, per poi dedicarsi a perfezionare ulteriormente la recitazione teatrale che è la sua vera passione, così da conquistarsi un ruolo ne “Il ventaglio” di Carlo Goldoni. Vero?
“Si', ma non ho mai chiuso col cinema. Infatti poi ho recitato nel cast “A un passo dal cielo” di Terence Hill. Molto bella come esperienza. Lui, una persona fantastica, l'ambientazione in Trentino in luoghi davvero magici, e il ruolo ben retribuito.”
Veniamo al lavoro “Per non dimenticare” totalmente suo. Com'è nato?
“Anni prima avevo lavorato a uno spettacolo sui generis in una discoteca a tre piani incentrato sul tema dell'Olocausto. A me era stato affidato il ruolo di Primo Levi. Era uno spettacolo in cui ogni attore raccontava un monologo andando incontro al pubblico che entrava nel locale. Una esperienza da brividi, molto forte e altrettanto bella. Duro’ si può dire tutta la giornata, dalle 10.30 del mattino fino a sera tarda.”
Il tema angosciante e doloroso della Shoah l'ha colpita profondamente, e così ha concepito “Per non dimenticare.” Vero?
“Sì. Prima ho approfondito bene la questione leggendo tanto sull'argomento, al punto di fare mie quelle pagine di storie umane. E così è nato il mio spettacolo, molto profondo e coinvolgente che ho portato nelle scuole a Roma. Purtroppo è durata poco la tournée perché non potevo ripeterlo gratuitamente e le scuole non dispongono di lauti fondi da impegnare nella cultura.”
E questo è un limite grosso per l'Italia in cui la cultura è confusa con l'istruzione. Pertanto si studia per imparare ma non si viene adeguatamente formati, perché ciò che si apprende dai libri e per bocca degli insegnanti necessita del corrispettivo confronto con l'arte e la realtà. Lei, Valter, non era nuovo a un tipo di recitazione partecipata col pubblico. Vero?
“Esatto. Io preferisco il teatro al cinema, proprio perché ti dà l'opportunità di rapportarti al pubblico direttamente e senza filtri. Anni prima ero alla stazione di Bologna con mia moglie per raggiungere mia madre in Calabria. Io sono emiliano ma mia madre è di Bovalino Marina.”
Era estate e lei andava in vacanza?
“In un certo senso sì. Va detto che io sono legatissimo alla Calabria e al paese di mia madre. Lì ho parenti che non vedo da cinque anni per varie ragioni, ma ai quali voglio davvero tanto bene. La Calabria ti entra nel cuore con la sua gente di una bontà infinita.”
Come potrei dire il contrario dal momento che mio padre era di Amantea, il paese che mi ha accolta? Ritornando a noi, lei stava andando alla stazione quando si ritrovo’ a confrontarsi con quanto era successo da poco. Vero?
“Purtroppo. Fu uno choc per me. Era il giorno della “strage di Bologna” e per poco io e mia moglie non ci trovammo coinvolti, ma ne rimanemmo comunque toccati. Dappertutto un fuggi fuggi di autoambulanze, gente che scappava, urlava, si strappava i capelli...poliziotti, medici, infermieri... l'inferno.”
Un tragico episodio della nostra Storia che poi lei ha immortalato nel suo monologo straordinario dove ha fatto vibrare la gente di commozione intensa e ha costituito il suo secondo spettacolo al teatro Valle. La sua vita è costellata di vari picchi di gioia e dolore. Una vita in cui lei ha cercato tra tante esperienze che continueremo tra poco a raccontare, di proseguire a tutti i costi il rapporto col mondo del teatro, convinto che fosse la sua strada. Il teatro è come se fosse per lei la via di fuga dai drammi e allo stesso tempo il punto fermo e rasserenante che lei rincorre ancora a seguito della morte di sua madre. Una dipartita per lei devastante. Ce ne vuole parlare?”
“Sì, ecco... ancora mi fa un certo effetto perché mia madre è morta per un errore dei medici, rientrando cosi’ in quell'elenco purtroppo lungo di casi legati alla malasanità. Io sono sempre stato molto legato a mia madre e poiché lei era malata, la seguivo e accompagnavo dai medici per i controlli. Studiavo Medicina e non potendo più rinviare il militare, fui costretto a sospendere momentaneamente l'universita' per partire per il Trentino. In quella circostanza si prese mia sorella la responsabilità di seguire nostra madre. Siccome sembrava essersi ripresa abbastanza bene, i medici che l'avevano in cura decisero di sostituire la terapia solita con una nuova, sperimentale. Mentre ero al militare, mi arriva la telefonata del decesso e può immaginare cosa sia stato per me.”
Lei, a seguito di questa disgrazia, è stato trasferito a Bologna dove ha finito il militare e dove non ha più discusso la tesi per conseguire il titolo di laurea in Medicina. Giusto?
“Sì. Ho maturato un rigetto fortissimo per gli ospedali, la Sanità... per tutto ciò che rientrasse in questo settore. Contemporaneamente a mia madre, Carreras si ammalò della stessa malattia, ma lui è guarito.”
Il dolore l'ha bloccata per un po' di tempo, dopodiché lei ha deciso di riprendere a guardare verso il futuro cambiando totalmente strada. E si è iscritto a una scuola per stilisti di moda. Cosa è successo a questo punto della sua vita?
“Ero molto bravo, sapevo disegnare. A Roma conobbi lo stilista di abiti da cerimonia, Fausto Sarli, il più affermato nel suo settore, il quale guardando gli schizzi, dei miei abiti, rimase a bocca aperta al punto da chiedermi nell'immediato di lavorare per lui, ma io rifiutai per il teatro.”
Ripensamenti? Ha rinunciato a una buona posizione lavorativa, per confrontarsi con una realtà oscillante, per nulla stabile. È così?
“Rimpianti sicuramente no, perché ho inseguito la mia passione. Non mi sono pentito, ma dentro di me sono profondamente deluso.”
A seguito del mancato sostegno da parte del Governo?
“No, già prima. L'agenzia a cui risulto iscritto mi ha avanzato una proposta assurda che nessun attore che si reputi serio e preparato accetterebbe. Ossia di recitare De Filippo in dialetto romano.”
Le credo. Lo snaturamento totale di un'opera che prova il mancato rispetto da parte del regista e verso l'autore, e verso l'opera e verso la cultura napoletana. Un affronto autentico al mondo della cultura. A questa succede un'altra proposta avanzatale da un'amica che la mette in contatto con un regista che pare avesse già una trama di contatti per una bella tournée. Partono le prove, e poi?
“E poi mi confronto con l'assoluta inesperienza e incapacità del regista di seguire la recitazione degli attori. Al che, senza mancare di rispetto al regista, semplicemente dicendogli che non mi riconoscevo nel suo metodo, me ne sono andato.”
Ciononostante, lei non abbandonerà la sua passione e la sua strada, giusto?
"Sicuramente, ma senza implorare alcuno e senza forzature.”
Il teatro forma, il teatro cura e non sono pochi coloro che anche dal di fuori avvertono l'energia buona del teatro. Ne sono consapevoli anche i nostri governanti sempre più interessati a non puntare sulla qualità, bensì su ciò che distrae senza depositare nell'anima dei fruitori alcun messaggio che possa sviluppare una coscienza nuova che apra ad altre visioni del mondo.
Le parole “cultura” e “coltivare” hanno la stessa origine etimologica. La missione della cultura è quella di depositare uno o più semi nell’anima degli individui che, grazie alla stessa, ciascuno per la propria strada, evolvono diventando persone.
Ringrazio l'attore Valter Venturelli per averci aperto il suo cuore. Diversi sono i messaggi seminati dal suo racconto, a cui guardare con profondo rispetto e adeguata riflessione. A lui, alla sua vita e alla sua strada ancora incompiuta, i migliori auguri da parte mia e della Redazione.