La recitazione e il sacro fuoco dell'arte. INTERVISTA all'attore Vincenzo Bocciarelli
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La recitazione e il sacro fuoco dell'arte. INTERVISTA all'attore Vincenzo Bocciarelli

Il fuoco crea intorno a sé il luogo della concentrazione e dell'intimità.

VIDEO: Bocciarelli Home Theatre 19ma puntata - il Centro Tirreno

E’ l'elemento che disvela e sanifica, in rapporto all'arte è forza catartica che ci eleva con grazia al di sopra di ogni compressione dettata dall'ordinarietà. Il fuoco incanta trasferendoci oltre l'effimero, nel sacro tabernacolo che lo contiene. In teatro, il fuoco diviene espressione di quell'energia immediata che stravolge, portando a compimento l'azione catarica (di purificazione) operata sul pubblico.

Oggi sono davvero pochi gli attori giovani capaci di scuotere il pubblico con una recitazione sanguigna, tale da riscuotere generosi applausi. La trasfigurazione applicata dall'attore che s'immola sulla scena per assurgere al piano divino e indicare la strada di una comprensione più ampia e profonda del tutto, è cosa rara e preziosa. A proposito di ciò, una concreta dimostrazione è data dall'attore che sto per introdurre. Costui, al talento di grande comunicatore affianca una raffinata cultura umanistica. Il risultato che ottiene sulla scena è quello di chi, agendo su se stesso, opera una radicale trasformazione negli spettatori. Vincenzo Bocciarelli è una preziosa rarità, uno scrigno di saggezza e sapere raccolte con quella freschezza che solo chi fa il proprio lavoro con passione e dedizione riesce a traslare al pubblico. Mantovano di nascita, senese di adozione, in questo momento di doloroso raccoglimento per tutti, sta mettendo a punto due spettacoli da portare in scena dopo l'emergenza del coronavirus. Il film Mission possible che lo vede presente da protagonista nel cast, uscirà nelle sale di quaranta Paesi e sarà proiettato nei cinema tedeschi dal 26 aprile. È un film che vede l'attore Bocciarelli proseguire la propria collaborazione all'interno della grande casa di produzione americana Movie on.

Vincenzo, il teatro sta attraversando un momento difficile per la carenza di attori veri, animati, per riprendere l'espressione di Goethe, da “Il sacro fuoco dell'arte" a cui lei fa riferimento più volte. Il pathos, questo fattore magico, come mai va scomparendo?

"Il problema non riguarda solamente il mondo del teatro e dello spettacolo in genere, come vuole dimostrarci quello che stiamo vivendo. Un’analisi attenta della storia ci suggerisce che in passato, in prossimità di uno sconvolgimento epocale, è stato vissuto simultaneamente un momento significativo di stasi creativa, di falsificazione e confusione dell’identità e della consapevolezza dell’essere. Ormai si deve fare riferimento all'epoca anteriore a questa segnata dal Coronavirus, anche perché sicuramente nulla d’ora in poi sarà piu’ come prima. Posso dire che prima del grande dramma di questi giorni, l’uomo aveva un rapporto con il senso dell’arte del tutto arbitrario in quanto si era cucito addosso un abito “d’arte” che in realtà d’arte non aveva assolutamente niente. L’arte non è un orpello o un optional. L’arte scava, taglia, penetra. Resta, non va via. Per me l’arte sono lo sguardo, gli occhi di Picasso, il Pappagheno di Mozart, i film di Fellini o Kubrick. Quindi per rispondere alla sua domanda, in realtà gli attori con il “ sacro fuoco dell’arte” ci sarebbero, anche se pochi, molto pochi. Si trovano molti bravi esecutori, corretti, del tipo “che la battuta la dicono bene”. Il carisma pero’, o duende e’ un’altra cosa. L’attore “magico” spaventa perche' scuote l'anima della gente. A mancare è soprattutto il sistema che dia voce e spazio agli attori talentuosi e li promuova facendone emergere le capacità."

Colpisce il senso di servizio che lei coltiva al suo interno ed esprime tramite la recitazione. In che modo lei riesce ad applicarlo, in questo momento reso difficile dall'epidemia?

"Sicuramente con l’istinto, l’intuito e un pizzico di sensitività che non mi hanno mai abbandonato. Avevo già intuito da tempo ciò a cui saremmo andati incontro. Lo annusavo nell’aria come una tigre nella foresta. Da lì ho capito subito che la gente, il pubblico mai come ora avrebbero avuto bisogno di sentirsi abbracciare, di sentirsi porgere verità, onestà, impegno e creatività, anche se stando a casa e con mezzi semplici. Per questo ho lanciato la mia serie di appuntamenti col teatro chiamandola “Bocciarelli Home Theatre.” Questa serie si pone come una piccola finestra che si apre nell’intimità degli spettatori. Dovevo sentirmi utile e non più inerte di fronte allo sfacelo di questa realtà e al dolore della gente sola nelle case, lontana dagli affetti."

Lei ha lavorato molto, e nel teatro e nel cinema. Conserva un buon ricordo della tournée dello spettacolo “L'angelo azzurro” in cui recitava al fianco di Albertazzi e della Marini. Cosa in particolare di allora le è rimasto dentro?

"Mi colpisce il fatto che mi abbia ricordato proprio questo spettacolo che segna per me un cambiamento di rotta nella mia carriera. Venivo da molti anni di teatro classico nel vero senso della parola, cioè da testi, tournée con compagnie come quella di Mauri che avevano un iter e un’impostazione ben precisa. Fino ad allora avevo un’idea definita del teatro. “L’angelo azzurro” ha rappresento per me la fusione tra l’antico e la Pop Art. Considero Valeria Marini un esempio di immagine Pop Art e il maestro Albertazzi il testimone del teatro del XX secolo. Sicuramente la tournée fu per me occasione di crescita e comprensione del mondo televisivo e l'avvio verso il mondo cinematografico che da lì a poco avrei conosciuto e vissuto."

Lei sostiene a giusta ragione che il pubblico ha bisogno di qualita’. Riesce con questo suo esperimento intelligente ed estremamente creativo che porta il nome di “Home theatre” su YouTube a percepire il contatto col pubblico?

"Si’, percepisco molto il contatto con il pubblico attraverso la diretta fb e il mio canale YouTube che permette di rivedere le puntate. Penso che mai come in questo momento il pubblico abbia necessità di riscoprire i grandi protagonisti della letteratura e della poesia. L’evasione sana dettata dalla qualità."

Lei è stato allievo modello di Strehler e attore di Albertazzi, due grandi maestri del teatro. A un certo punto, da curioso quale si definisce, ha sentito il bisogno di esprimersi anche nel cinema, lavorando con ruoli importanti alla serie televisiva “Orgoglio” e a “Il bello delle donne 2", giusto per fare qualche nome. Ha avvertito un rapporto di continuità tra il mondo del teatro da cui era partito a quello del cinema luogo di approdo? Oppure ritiene che le due realtà siano totalmente separate?

"Come ho accennato prima, all’inizio degli anni 2000 ho ceduto alla seduzione della televisione e del cinema. In quegli anni esplosero le serie televisive e l’impatto con il grande pubblico fu galvanizzante, eccitante. Penso che il successo che mi hanno regalato quei ruoli da protagonista televisivo sia scaturito proprio dal fatto che utilizzassi la formazione, l’esperienza e la tecnica assimilate in teatro, ovviamente con un registro diverso."

Il Cinema spesso è considerato dispersivo di contro al teatro sicuramente più maturo e riflessivo. Come considera l'immersione nel cinema italiano? Cosa le ha lasciato dentro?

"Non credo che il cinema sia dispersivo, altresì ritengo che lo show business che circonda il mondo del cinema sia pericoloso per un artista, per un creativo. Per creare ci vuole ascolto, talvolta silenzio. La celebrità e la fama capita che siano d'intralcio a un buon andamento creativo."

Lei ha fatto parte della scuderia di Giuseppe Perrone, grande manager talentscout di molte celebrità. Il successo che lei ha riportato, quali ripercussioni ha avuto in seguito?

"Dopo gli anni 90, lavorando quotidianamente nei più importanti teatri italiani, l’impatto con il successo televisivo, le interviste e la mondanity mi hanno fortemente destabilizzato. Ero felice, appagato ma qualcosa non coincideva davvero con quel Vincenzo che aveva lasciato tutto, da ragazzino, per inseguire il sacro fuoco dell’arte. Il tempo infatti, poi mi ha dato ragione ed ora sono tornato al Vincenzo che ero, anche grazie al Bocciarelli HomeTheatre."

Veniamo al suo incontro col cinema indiano che lo ha fatto per così dire rinascere. L'India è una realtà totalmente differente dalla nostra anche nel modo di concepire e fare cinema?

"L’incontro con il cinema indiano è stato stupendo. Gli indiani sono profondamente connessi con il Divino e colorano e costruiscono le storie e il cinema con un entusiasmo, una passione ed un amore incredibili!!!"

Che sensazioni ha provato nel sentirsi chiamato da una terra così lontana a recitare nel ruolo di protagonista?

"Un grande senso di gratitudine per quello che ho considerato un segno dal cielo. Le vie del Signore sono infinite. La prima volta che sono andato in India mi sembrava di essere nel film Avatar."

Una volta passata l'epidemia, lei ritornerà in India per recitare nel ruolo dell'ispettore di Scotland Yard. Nonostante la distanza spaziale, in questi giorni avverte il calore dei suoi colleghi?

"Non vedo l’ora che l’incubo finisca per poterli riabbracciare e terminare con loro le riprese del film. Sono rimasto colpito dalla premura e dalla preoccupazione che mi hanno dimostrato attraverso messaggi e videochiamate le star del film. Mi hanno commosso i complimenti della troupe e i tanti fans indiani che mi hanno scritto."

Lei rimprovera ai suoi colleghi italiani di non mostrarsi solidali e disponibili, a differenza sua. È così?

"Diciamo che noto poca solidarietà tra gli attori in Italia. C’è molto individualismo. In America come in India c’è più complicità e sviluppato è il senso del sostegno reciproco. Ci si preoccupa dell’altro, magari sapendo che sta vivendo un momento di poco lavoro o difficile . Gioire della felicità e del successo altrui e’ bellissimo, ancor più se lo si condivide. Se fossimo più uniti, saremmo ancora tutti più forti... e perché no? Anche più bravi."

Veniamo alla sua interpretazione in “Mission possible”. Qui lei e’ un mostro che grazie all'amore ritrova le forme umane. Quanto di suo c'è in questo personaggio?

"Molto, in Stinky che poi diventa Antony, c’è la duplice anima di Vincenzo. A volte prende il sopravvento la mia parte animale, altre quella più nobile e matura. Forse è proprio questo dualismo che ha fatto nascere in me la necessità di recitare. Lo dico ripensando al teatro e al suo doppio di A. Artaud."

Lei ha una grande considerazione degli Americani per come vivono e interpretano il Cinema. Vero?

"Si moltissimo, sono straordinari. Hanno una scuola e una tecnica incredibili."

L'istintualita' e’ una caratteristica che lei ricerca nel suo lavoro. In quale misura andrebbe considerata per una buona recitazione?

"Secondo me recitare è come camminare sul filo... l’attore è un funambolo tra tecnica e istintualità, ma dopo molti anni si accorge che prende piede il suo talento innato che sgorga spontaneamente con il suo flusso."

Un regista italiano col quale lavorerebbe volentieri?

"Mi piacerebbe lavorare con qualunque regista italiano che fosse coraggioso e open mind. Con l'espressione “Open mind” mi riferisco a tutto: al film, alla storia e agli attori, immaginandolo alle prese con una distribuzione capillare del film in tutto il mondo. Ormai dobbiamo pensare a film all'interno di una distribuzione internazionale"

Quanto incide la stabilità interiore in una buona recitazione? Da uomo, la disorienta o la ricerca?

"La stabilità psicologica? Dipende. A volte capita di dare il meglio di se’ in situazioni e periodi estremi. La ricerca mi fa impazzire, pensi che volevo fare l’archeologo. Non dobbiamo mai smettere di cercare e ricercare. Chi si siede è perduto"

Lei si considera un combattente che ha a cuore la vicinanza del Divino. Come vede in rapporto alla crisi religiosa insita nell'uomo moderno il periodo che stiamo attraversando?

"Si', sono un combattente ma devo confessare che proprio questo periodo di epurazione, di spurgo da tutto lo schifo che avevamo accumulato, attraverso i fatti sta rispondendo in diversi modi a domande, anzi dilemmi che da circa un anno mi stavo ponendo. Tornato a casa da Bangkok dopo un paio di mesi sul set dell’ultimo film che stavo girando, ho trovato un’Italia molto peggiorata. Tra me e me ho riflettuto molto su questo e con le persone a me vicine mi sono aperto sulle mie perplessità. Com'era possibile che avessimo raggiunto questo stato d'impoverimento umano e spirituale? Ero preparato al fatto che prima o poi la bomba, per così dire, sarebbe esplosa. Sono felice di riscontrare che tante persone in questi giorni di morte e dolore si siono avvicinate alla fede. Tra questi annovero persino chi negli anni trascorsi si era divertito ironizzando sul fatto che spesso io prendessi parte a eventi come letture di testi sacri, portando avanti a testa alta la mia testimonianza di Cristiano. Gesù resta sempre l’amico del cuore, sia che le cose vadano bene sia che vadano male. La fede è in me sempre, in ogni istante."

Quest’epoca ci richiama a un forte senso di responsabilità che in parte si sta risvegliando e che consiste nel tramandare ai posteri un alto messaggio di ritorno alla sostanza dell'uomo da esprimere anche attraverso l'arte. La mercificazione di tutto ci ha insegnato a recuperare la dimensione del silenzio che e’ necessario al discernimento della forma dalla sostanza. Forse questo momento, punto di arrivo e nuovo inizio, può rieducare a valorizzare la forma in rapporto alla sostanza, la sola capace di ripristinare nell'uomo la bellezza e la vera luce. Il teatro per come lo intende e interpreta Vincenzo Bocciarelli offre il giusto supporto a questa grande operazione alchemica che permette all'uomo.di elevarsi oltre il tetto raggiunto, al fine di coglere se stesso. Il teatro consente di toccare il cielo, mantenendo i piedi incollati alla scena. È il rito nel rituale che Vincenzo con grazia e profondità riesce a porgere al suo pubblico. Il Teatro anche per merito di Vincenzo Bocciarelli recupererà forse il suo primigenio significato, divenendo agente di trasmutazione catartica indispensabile a renderci uomini migliori.

L'attore Vincenzo Bocciarelli ci ha accompagnato attraverso le sue molteplici esperienze in un viaggio di riscoperta del vero senso del tutto, offrendoci un nuovo approccio al reale. A lui e alla sua attività, i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli