I giovani di oggi appartengono alla generazione del tutto e subito, di ciò che non riceve cura e diviene all'istante un capolavoro. Ciò oggi è un problema, perché evidenzia l'inesistenza del percorso di formazione che permette di crescere sia sul piano della sensibilità, sia della professionalità. I due monomi non sono infatti disgiunti. Crescere in sensibilità significa affinare il gusto del Bello, che consente di maturare l'oggettività esprimibile grazie alla professionalità acquisita. I giovani non conoscono più il valore del percorso di formazione e specie qui in Italia, il termine maestro è caduto in disuso. E’ venuta meno una visione artigianale del lavoro, completamente scavalcata e dimenticata dalla sopraggiunta tecnologia che soprattutto in campo artistico, mina la creatività. A risentire dell'avanzamento delle nuove tecnologie virtuali è anche il mondo della fotografia e del cinema. A farne le spese è il coinvolgimento emozionale dello spettatore e forse anche di chi interpreta un qualsiasi ruolo non più in grado di avvincerlo. L'argomento di questa intervista ha come centro l'evoluzione e l'involuzione della ripresa cinematografica fino ad oggi e a parlarcene è un vero e proprio maestro delle riprese. Sebastiano Celeste, in arte Nino, ha accompagnato la cinematografia italiana e non solo dagli anni Settanta ad oggi, ha collaborato a grossi film e lavorato con i più famosi registi, mettendo da parte presunzione e superficialità. Ha iniziato giovanissimo, in un tempo in cui esisteva la gavetta anche nel settore tecnico, e la cinepresa era uno strumento che aveva una sua sacralità.
Maestro Celeste, lei e’ stimato in tutto il mondo come direttore della fotografia. Come ha fatto ad arrivare così in alto?
“Ai miei tempi c'era un percorso definito da rispettare. Per le riprese si facevano due o tre anni di volontariato durante i quali la cinepresa veniva semplicemente guardata da lontano. Trascorso questo periodo, ti facevano avvicinare alla macchina e te la facevano toccare. Prima di diventare direttore sono stato per due anni assistente all'operatore di macchina. Oggi tutta questa trafila sarebbe impensabile.”
Com'è cambiata la ripresa da ieri ad oggi?
“Ai tempi del mio esordio bisognava avere una buona preparazione della pellicola che era composta di tre strati. Oggi, col digitale si lavora su uno strato soltanto. Di conseguenza, non c'è più la professionalità di una volta e s'improvvisa molto.”
Maestro Celeste, trova che sia cambiato proprio il modo di considerare la cinepresa rispetto a ieri?
“Certamente. È cambiato il gusto fotografico. Oggi manca una cultura del gusto anche nel Cinema, per cui si vedono tanti film con pessime inquadrature. Manca oggi la concezione dell'immagine in chiave pittorica.”
C'è un film tra tutti quelli per cui ha lavorato che considera perfetto per inquadrature e riprese?
“Ancora non c'è e io non mi considero in pensione. Lo devo girare ancora il film perfetto.”
E io, maestro, glielo auguro perché ha ancora tanto da farci vivere e vedere sullo schermo. Colpisce ed emoziona lo spirito di consacrazione nei confronti del suo lavoro. L'umiltà e la cura che non la fanno considerare a conclusione del suo viaggio nel mondo del cinema. Eppure lei ha lavorato con i più grandi registi. È così?
“Di film ne ho girati davvero tanti. Ho lavorato con Monicelli, Pasolini, Damiani... ho girato le quattro stagioni del “La piovra"...e ancora non intendo fermarmi.”
Perfetto. Oggi qui in Italia si è portati a girare film incentrati sul sociale. Non trova che questa piega penalizzi a lungo andare la creatività e la fantasia?
“Purtroppo per girare film di altro genere, come quelli fantasy ad esempio, occorrono molti soldi. In Italia ci sono registi che fanno bei film, come Muccino, Brizzi e Amelio, ma loro hanno le possibilita’ economiche per farli.”
Fra tutte le attrici che ha ripreso, quale le è rimasta più impressa per bellezza fisica e perché particolarmente fotogenica?
“Sicuramente la Andrea Ferrell. Ma ce ne sono tante altre belle e anche brave come la Fenech, la Cassini...”
Maestro Celeste, trova che ci sia una differenza tra le nostre attrici e quelle del cinema americano?
“Purtroppo sì. Le attrici americane non sono solo belle, sono anche brave perché s'impegnano e hanno voglia d'imparare. Da noi c'è troppa presunzione. Se ne salvano davvero poche.”
Lei ha lavorato anche per “Un posto al sole”, vero?
“Si’, per tre anni. Ho insegnato dove posizionare le luci prima collocate tutte in alto. E ho fatto sparire il cavo che intralciava gli attori. Attualmente mio figlio, Cristiano Celeste, e' il regista principale della soap, mentre mia figlia è costumista e lavora per le più importanti fiction televisive.”
Lei ultimamente ha lavorato in Albania, vero?
“Sono nove anni che ho una collaborazione con il cinema albanese. Ho girato dieci film sulla scia del nostro “La piovra". L'Albania mi ha colpito e non solo per il centro sperimentale del cinema ben attrezzato, ma soprattutto per l'umiltà e la diligenza degli allievi. In Albania ci sono studi grandi quanto il nostro Cinecittà, dove lavorano attori veramente qualificati. Sta emergendo bene il cinema albanese e promette bene. È un po' come era il cinema nostro negli anni Quaranta.”
L'importante è partire e saper posizionare bene i propri passi. Ai nostri giovani viene insegnato subito a correre e per questo molti perdono di vista la meta o la voglia di arrivarci. Dovremmo riacquisire l'importanza dell'Arte, riaccostandola al valore dell'esperienza. Perché in fondo, si è genii solo se si coltiva con amore quello che si fa e per il quale ci si impegna costantemente mostrando interesse e mettendoci il cuore. Ringrazio il maestro Nino Celeste per i suoi validi insegnamenti che a tutti noi ha trasmesso in questa intervista, convinta che li ritroveremo in tutti i film, ancora numerosi, che continuerà a girare, emozionandoci. A lui e alla sua gloriosa attività i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.