Non è banale, né ripetitiva e come volgi lo sguardo altrove, una sorpresa ti attende. Declivi tra composte valli e poi, oltre i crinali, a scendere, l'abbraccio del mare. Dalla tradizione millenaria, la Calabria oggi fatica a ritrovare la strada della propria identità mai evidentemente conosciuta, e spesso insegue una mentalità che si perde dietro la logica del facile guadagno.
Essere imprenditori in Calabria è difficile e non per il contesto criminale che tanto spazio trova nella cronaca, ma per il desiderio diffuso di voltare pagina a un passato ritenuto indegno e invece, glorioso e fertile. L'emulazione del Nord additato ad area di progresso e successo ha spesso portato i sogni di molti improvvisatisi imprenditori, a deragliare su luccicanti binari che non portavano da nessuna parte. Per fortuna non per tutti le scelte si sono rivelate sbagliate e tra questi ammirabili esempi figura Francesco La Ferla. Laureato all'Unical in Economia Turistica, porta avanti l'azienda di famiglia, sulla strada della tradizione che lega da tre generazioni i La Ferla al territorio. Ultimo di tre figli, Francesco affianca il padre agronomo nella conduzione dell'azienda agricola .
Francesco, “La Trigna" vanta una lunga storia, è così?
“Verissimo. Fu fondata dal mio bisnonno originario di Lentini, che s'innamoro' di questo territorio viaggiando in Calabria. Proprietario già di un'azienda in Sicilia, aprì la nuova attività nel 1905, entusiasmato dal territorio sulle sponde del fiume Amato, ricco di acqua. Fu così che introdusse qui la produzione di riso che già coltivava in Sicilia.”
La vostra è una delle aziende produttive più antiche della Calabria, è cosi’?
“Sì. A noi si è interessata la Soprintendenza degli Archivi Storici di Reggio Calabria. Si è presentata nel 2012 attirata dalla documentazione storica dell'azienda, da noi conservata. L'interesse li ha portati a inserirci nel sito nazionale degli archivi storici. Per noi è stata un'esperienza molto significativa perché grazie alla Soprintendenza siamo riusciti a costruire l'ordine cronologico dei documenti in nostro possesso e che riguardano l'azienda.
Un altro riconoscimento importante ci è stato conferito dalla Camera di Commercio di Catanzaro che nel 2017 ci ha premiati e annoverati tra le aziende più longeve della provincia di Catanzaro, assegnandoci il secondo posto, dopo il lanificio Leo. Il premio è stato assegnato a un nostro dipendente che da 38 anni e più continuativi lavora con noi.”
Complimenti. L'azienda attualmente non produce più solo riso, vero?
“Mio nonno ha implementato la produzione di riso. Ha inserito l'allevamento delle mucche e dopo la bonifica, la coltivazione degli agrumi di Sicilia. Non siamo gli unici originari della Sicilia qui in zona. La piana di Sant'Eufemia a scendere verso Pizzo è stata tutta colonizzata da famiglie siciliane che si sono dedicate all'attività di vivaismo.”
Questo è un territorio molto fertile perché paludoso. In passato vi ha creato dei problemi?
“Purtroppo prima della bonifica anche noi abbiamo dovuto fare i conti con la malaria. All'epoca di mio nonno le mondine le richiedevamo dal Nord e si verificava in azienda un turn over tra loro perché si ammalavano di malaria.”
Questo territorio ha offerto molte possibilità di lavoro, in passato. Vero, Francesco?
“C'è stato un vero e proprio boom dalla bonifica fino agli anni Settanta. Anche noi ci siamo ingranditi in quell'arco di tempo. Mio padre le mucche le faceva arrivare dal Canada, c'erano opportunità per tutti di lanciarsi in attività e ingrandirsi. A Lamezia a quel tempo esistevano tre cantine sociali. A Gizzeria c'era il porto e da qui il vino veniva esportato persino in America. Lo stesso discorso valeva per l'olio prodotto nelle nostre zone.”
Poi, cosa è successo?
“Poi c'è stata la conversione del territorio ad area industriale che ha portato con la costruzione del polo industriale la crisi di manodopera. Il SIR che avrebbe dovuto introdurre nuovo sviluppo, in realtà ha sradicato il territorio dalla sua tradizione agricola. È stata la rovina per tutti. Lo Stato, anziché incentivare la produttività, l'ha penalizzata con una delibera che assegnava premi a chi estirpava le viti.”
Francesco, in questa situazione, come si sono comportate le autorita' locali?
“Nel modo peggiore. Non hanno tutelato aziende e lavoratori, né tanto meno hanno avuto a cuore l'incolumità dei luoghi. Più di 15 anni fa è sorta la Multiservizi Lametina che ha accolto i rifiuti provenienti da altre aree colmando le discariche prima del previsto.”
La mancanza di rispetto per la natura e per il proprio territorio è uno degli aspetti peggiori della Calabria e ormai di tutta la Nazione. Cosa significa, Francesco, oggigiorno condurre un'azienda agricola?
“Oggi e’ complicatissimo per colpa della burocrazia che in Italia è asfissiante. Rispetto agli altri Paesi Europei qui in Italia dobbiamo fare i conti con leggi e cavilli che ti fanno disamorare dell'attività intrapresa con slancio e passione. Un esempio banale è l'obbligo della fattura elettronica che per di più non ha eliminato la fattura cartacea comunque indispensabile. La colpa è dei nostri politici che da vent'anni non ci rappresentano e tutelano più al tavolo europeo. Di conseguenza l'Europa ci tartassa di tasse e vincoli, rendendo complicata la produzione del biologico.”
Voi affiancate l'azienda agricola con l'azienda agrituristica. Com'è nata questa idea?
“L'idea è stata di mia madre e io l'ho fatta mia. Lei non c'è più dal 2014 ma la sua impronta è presente in tutte le attività che noi svolgiamo e alle quali lei ha dato un vivace impulso.”
E i risultati si vedono”, aggiungo io convinta.
“Sì. La passione e la serietà per chi fa il proprio lavoro ripagano sempre. Il miele, le marmellate, i nostri prodotti sono tutti molto apprezzati. I clienti ci riconoscono il merito di rendere viva la tradizione di famiglia perpetuandola anche con la ristorazione e l'offerta turistica. Con fierezza lo sottolineo perché tanti intraprendono l'attivita' agrituristica senza alcuna dimestichezza col settore e questo la gente nel tempo lo nota. Diciamo che noi facciamo la differenza.”
Il passato non è mai relegato a un tempo morto, se noi non lo innaffiamo solo di ricordi ma vi infondiamo nuova linfa. A questo servono le tradizioni, a trarre sostentamento dal passato per slanciare un ponte per le generazioni future, affinché la fatica dei nostri avi, la loro coscienza e la loro cultura non vadano perse.
Che non sia questa la possibilità di salvezza per il Sud e la Calabria? L'augurio migliore è che la nostra terra rinasca per mano di tanti giovani che la sappiano apprezzare e far fruttare, intenti a restare, anziché ad andare via. Ci vuole coraggio e tanta motivazione. Forse solo così impediremo a esterni di interferire sulle nostre terre, grazie al rispetto che noi per primi useremo verso le radici di appartenenza, dedicandoci con passione alla cura e rilancio dei nostri magici luoghi.
