La morte ci rende semplici, ci armonizza col ciclo della Natura che andiamo smarrendo lungo i labirintici percorsi della vita

Alla semplicita’ che ci denuda di ogni pomposa grandezza grottescamente fa da contrappunto una ridondante fama che non ha nulla a che vedere con la memoria del cuore di chi viene lasciato e defraudato del proprio congiunto. Il caro estinto si perpetua nei ricordi che maturano col linguaggio del silenzio, di contro alle eroiche gesta che assordano con squilli furiosi e assopiscono respiri leggeri.
Oggi a Pizzo Calabro si è commemorato un triste avvenimento di storia che ha come protagonista il generale divenuto re anche se per un breve periodo, Gioacchino Murat.
In un’Italia in cui le lezioni di storia sono il pretesto per inculcare nei giovani idee politiche personali, in un'Italia in cui il compito di storia sembra venga cancellato per sempre dai programmi degli esami di maturità, solo gli affezionati al percorso del nostro Mezzogiorno che ha sempre arrancato tra tappe prodigiose ed eventi nefasti, tentano di ricostruire il profilo reale di questo celebre personaggio.

Alla funzione religiosa celebrata in suo onore nel Duomo di Pizzo stasera poche anime, nonostante la compostezza e la solennita’ del rito impreziosito da canti eseguiti da soprani e baritoni accompagnati da una piccola orchestra di archi. Non è mancata la deposizione sulla lapide a Murat intitolata, di un omaggio floreale a cui è seguito il concerto di musica sacra vero e proprio offerto dall'Associazione Gioacchino Murat di Pizzo. La musica e i canti ci hanno trasportati al di la’ della vanesia gloria umana incapace di discernere il vero dall’effimero, come ha ben precisato il celebrante durante l'omelia.
Che il personaggio storico in questione fosse un illuminato o al contrario, un re usurpatore del trono borbonico resta un interrogativo aperto tuttora, dividendo gli storici in due schieramenti che mal si tollerano.
Commovente il momento a conclusione della liturgia della lettura dell’ultima lettera scritta alla moglie Carolina e ai figli prima della fucilazione. Che fosse o no innocente, non sta a noi stabilirlo. I grandi personaggi passati alla storia lasciano tracce di monito che i posteri non sempre riescono a cogliere e interpretare. La fede conduce i cuori oltre la prospettiva umana, affacciandoci su luoghi animati dalla compassione di Dio. E’ cio’ quanto ha sottolineato il cavaliere borbonico Domenico Greco insignito del titolo di Barone di Nicastrello il quale, con commossa partecipazione è stato presente alla cerimonia, dimostrando di andare oltre le faziose barricate umane e di mantenere lucida la visione critica della realta’ . La storia porta alla ribalta i soliti nomi, dimenticando che le rivoluzioni a giusta ragione o con scarsa consapevolezza a volte, sono state condotte dal popolo il quale qui nel Sud ha mostrato con il Brigantaggio di saper difendere fino allo stremo lembi di territorio ingiustamente usurpati. Non meriterebbe forse di essere ricordato a dovere? Non serve contare il numero di perdite umane ma riconoscere il valore trasfuso in ogni singola battaglia o semplice rappresaglia che fosse, condotta con piena partecipazione e per questo meritevole di considerazione da parte delle istituzioni pubbliche.