Ognuno di noi è il tramite di qualcosa o è di tramite per qualcosa.
Ogni corpo esistente è un trasmettitore di energia e allo stesso tempo fonte di energia. Ci sono canali o ponti che inconsapevolmente conducono gli altri a un traguardo sperato o del tutto inaspettato, perché la loro funzione è quella di unire, di rivestire un ruolo gioioso o al contrario di rivelazione di un qualcosa di inaccettabile perché estremamente doloroso e al contempo necessario. Tali figure sono maghe di negatività, foriere di una volontà lugubre che determina il destino. Nella coscienza popolare il destino ha una valenza di forte negatività.
Il destino è crudele e non ha l'equivalente nella stella che brilla di luce propria. Eppure, il destino nel nome indica un movimento, uno spostamento ed è di per sé ponte, congiungimento verso la patria di appartenenza ascosa dalle nebbie di Maya, il velo dell’apparenza ingannevole. Il nero delle vetuste maghe si sofferma sulla dimensione presente riscattata dalle religioni d’impronta salvifica. Il destino è ciò che ci attende nell’altrove che non è terra straniera, bensì l’unica patria degna di considerazione. I miti pullulano di figure tramite o ponti, nonché la tradizione popolare farcita di una sacralità velata. Ciò che utilizza un linguaggio metafisico non può tralasciare il ruolo della figura ponte che e’ sempre accompagnata dal corrispettivo guardiano.
Prendiamo esempio da Dante nell'Inferno che incontra Caronte, il traghettatore delle anime, e ha al suo fianco Virgilio, il lume della ragione, identitario della cultura di un popolo, poeta vate dei Romani nell'età d'oro, augustea. Si può essere guardiani d’ingegno (la malizia, diversa dalla malignità è contemplata anche nei Vangeli, dal linguaggio del Cristo) coloro che preparano alla traversata in direzione dell'altra sponda, terra della determinazione individuale, meta ultima, tracciata dal senso attribuito alla terrena esistenza.