Le feste non per tutti sono occasione di gioia o di riavvicinamento, per molti significano doversi confrontare con quegli strappi dell'anima che accorpiamo nell'unico nome di Solitudine
Durante i momenti di gioia paradossalmente riaffiorano lagune dolorose con cui non vorremmo confrontarci mai. Chi è solo, diventa ancora più solo. La gioia degli altri ottunde la nostra realtà sentimentale e ci fa ciechi dinanzi alla luce. Ciò che vorremmo col cuore si traduce nel pensiero che crea la realtà che a noi si mostra.

Ma il pensiero non è luce, espansione, bensì costrizione e contrazione che ci porta a considerare la realtà in un'unica direzione. Ci sentiamo soli, non amati, perché pensiamo di non esserlo. Pensare equivale a credere, nella società del progresso. Pensare porta a realizzare, è questo che c'insegnano da sempre, ma a ben guardare la forma di pensiero che osserviamo non trasuda dal cuore, ma è emanazione della corteccia cerebrale attraverso cui transitiamo nelle coordinate spazio temporali che creano e disfano la nostra dimensione più umana.
Se provassimo a pensare col cuore, noteremmo quanta luce da noi non incamerata e abbracciata ci pervade. Nessuno è solo, c'è sempre qualcuno che gravita col suo sguardo dentro di noi. L'amore, per essere vero, non occorre che si realizzi nella dimensione a noi più conosciuta e nella quale ci sentiamo a casa, la dimensione razionale. Senza volerlo, ognuno di noi abita la casa di qualcuno, se soltanto lo sapessimo! e per saperlo basterebbe semplicemente sapersi ascoltare.