Il giorno dei Defunti dovrebbe essere considerato non solo come festività del Ricordo, ma soprattutto come ricorrenza del raccoglimento individuale e giorno di profonda riflessione sul senso della vita e sul valore delle azioni umane.

L'odierna civiltà tende a mettere in ombra il concetto di responsabilità individuale, imputando il destino quale causa determinante della nostra infelicità, o la carenza dei rapporti umani determinata a sua volta dai ritmi frenetici a cui tutti siamo sottoposti. Di conseguenza anche il concetto di Peccato è passato in secondo piano. Esso affonda nella notte dei tempi, e in base alle culture che la hanno considerato o adottato, assume sfumature diverse. L'origine di tale nome è l'indoeuropeo Pec da cui impensabilmente sono scaturite le parole pecunia e pecora.
Per gli antichi romani infatti, per peccato s'intendeva il pegno in moneta che colui che aveva realizzato l'infrazione o compiuto un danno doveva corrispondere alla parte lesa. Inizialmente, prima che entrassero in circolazione le monete e il baratto era l'unico mezzo di scambio, la pecora (pecus pecoris in latino) era l'animale più utilizzato, in quanto soddisfava diverse esigenze e per la qualità del latte e della carne, e anche perché, in quanto simbolo teriomorfo associato al sole, avvicinava l'uomo a Dio. Ecco spiegato perché pecora e pecunia (denaro, ricchezza) hanno la stessa radice etimologica.
Nella cultura ebraica il peccato è tutto ciò che priva la petsona dell'integrità originale, e sembra per definizione essere molto vicino al concetto giudaico cristiano di peccato. Il peccato originale di fatto ha spezzato il legame intrinseco tra Creatore e creatura, stabilendo tra i due una distanza che si è espressa in termini spazio temporali. Con il peccato (Episodio della Caduta nello spazio e nel tempo) l'uomo, per dare ascolto al suo Ego, si è separato da Dio. Tale concetto per altre vie lo troviamo espresso nelle Upanishad, gli antichi testi di cultura indu-vedica.
La religione giudaico cristiana ha risentito molto dell'influenza persiana. La remissione dei peccati attraverso il sacramento della penitenza ricucirebbe lo strappo tra l'uomo e Dio capace con la figura del Cristo, il Figlio, di redimere ogni peccato e di riscattare l'anima dal fuoco dell'Inferno. Nella sua visualizzazione, tale concetto ricorda molto la tradizione mazdeico persiana che contemplava l'esistenza del Paradiso e dell'Inferno secondo i nostri attributi. Nelle antiche civiltà cacciatoriali, il concetto di peccato non esiste nei nostri termini. Può essere interpretato come un'offesa rivolta al regno degli Spiriti e degli antenati, a cui tutta la comunità è chiamata a rispondere con rituali di preghiera costituiti prevalentemente di danze, guidati dalla figura centrale dello Sciamano.