Fame. Dal sesso al parto
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Fame. Dal sesso al parto

Amore e Psiche
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Gustav Klimt - Donna incinta, Stile Art Nouveau
Gustav Klimt - Donna incinta, Stile Art Nouveau

 

 "Fame" ha la stessa radice di "fiamma" e di "femmina". Avere fame di vita significa desiderare di godere intensamente della vita nei suoi aspetti soprattutto più libidinosi. La femmina è associata al sesso e a tutto ciò che spinge l'attività umana sul piano orizzontale.

La fame in genere è divoratrice e spinge l'uomo a divorare a sua volta. L'intestino è associato al serpente che nutre dall'interno e divora anche. In quanto tale, è il simbolo del tempo nella sua dimensione in orizzontale e invece dell'eternità in verticale. L'attività sessuale o erotica è concepita come fuoco e nell'Induismo una pratica yoga il cui nome è tradotto con "accendere il fuoco in corpo" rinvigorisce il basso ventre in vista dell'attività sessuale.

L'addome è concepito come una casa al cui interno c'è un vero e proprio laboratorio chimico che permette l'assorbimento delle sostanze utili e la separazione di quelle di scarto eliminate dalla parte terminale dell'intestino. Il fuoco anche in alchimia serve alla trasmutazione delle materie prime e il nostro organismo, in particolare il nostro apparato digerente, si comporta come tale.

Le costole e il diaframma delimitano l' addome (che già nel nome contiene il riferimento a "casa: domus") diviso a sua volta in parte alta e in parte bassa, dedita quest'ultima all'espulsione dei rifiuti e all'attività sessuale. Rifiuti e sesso da sempre sono collegati nella cultura umana primitiva e il sesso dovrebbe in teoria essere la sublimazione della parte dell'organismo meno nobile. La caduta delle feci sono di fatto rappresentative della caduta nel tempo e scandiscono il nostro ritmo metabolico. Nel corpo umano il tempo è alla base di un buon funzionamento di ogni sua attività e abbiamo difatti diversi orologi biologici.

Alla caduta delle feci si contrappone l'esperienza della caduta nel tempo della vita, rappresentata dal parto. "Parto" può derivare e da "patire" e da "partire". Il primo è legato alle doglie della donna e al dolore dell'esperienza in sé che se è a buon fine, scandisce la partenza, ossia l'incominciamento di un nuovo percorso per un nuovo essere completo. "Parto" può anche collegarsi a "porzione" in quanto comporta lo staccarsi di una parte della mamma, che incomincia un percorso autonomo. "Patire" e "partire" si appartengono e il loro è un legame intimo e splendido. Ogni volta che incominciamo qualcosa di nuovo, abbandoniamo una parte di noi e questa esperienza produce sofferenza. Quella del parto è un'esperienza che accomuna madre e figlio ma viene vissuta in modo differente da entrambi. Per la madre è un lasciare andare, per il figlio è una perdita a cui corrisponde una nuova acquisizione. Per la madre questa nuova acquisizione si converte in responsabilità esterna che nel tempo porterà al processo di educazione del proprio figlio e di preparazione di costui all'inserimento nella vita con gli altri.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.