Abbiamo visto come le parole con tre lettere sono associate ad animali e non solo, che trovano posto nella conoscenza elementare dell'uomo, aiutandolo a riportarsi al paradiso perduto. Abbiamo quindi visto l'uro che addomesticato ha accompagnato l'uomo nelle sue fatiche rurali.
E abbiamo visto l'ape che col miele assicura salute e sostentamento tramite l'alimentazione. Alle tre lettere sono collegati anche i primi tre numeri e il sei che abbiamo visto avere una duplice funzione. Sempre al valore particolare delle parole di tre lettere rapportiamo i termini latini "Res rei" e "Rex regis".
I due etimi sono tra loro collegati ma ci soffermiamo innanzitutto sul primo che in italiano traduciamo con "Cosa". La cosa per i latini aveva nella sua puerile fisionomia un valore universale. Per cosa loro intendevano qualsiasi cosa. Il tutto e il niente, spesso nascondendovi significati segreti o per pochi. La cosa è la rosa affascinante in sé a seconda del posto che occupa nel discorso e per gli innumerevoli significati l'uno incastonato nell'altro a dar vita a una composizione labirintica e mandalica. Su queste basi si fonda il valore della rosa nel Medioevo, che include anche il valore della cosa e su questo il filosofo Umberto Eco ha avviato ampi dibattiti che dalla semiotica spaziano e arrivano alla radice del pensiero.
Proprio per tale ragione la cosa (res) è una parola chiave con una sua pregnante autorevolezza e dalle svariate identità molte delle quali nascoste o velate in rapporto alla connotazione discorsiva, ed è pertanto considerata alla pari del termine "Rex regis" che in latino significa "re". L'universalità della res e la sua pregnanza tale da investire e coprire altri ruoli, la mettono a capo della lista di vocaboli usati e popolarmente e ricercatamente. È quindi per traslato il "verbum" degli uomini che nasconde un suo intrinseco fascino. A contrassegnare queste specificità contribuisce la lettera "R", una lettera potente e combattiva che indica forza e incute timore e che i Romani in segno beneaugurante usarono come prima lettera del nome della "caput mundi" Roma. Al contrario, Roma dà Amor il nome segreto della città, che la rendeva inespugnabile e non tanto per il rimando al sentimento più importante, quanto per il riferimento ad "A mors: senza morte".
"Roma" rapportabile a "rosa" per fascino e mistero e perché difficile da occupare. Roma come rosa anche perché misteriosa e con una doppia vita in ombra.
Nelle lingue anglofone il discorso non cambia. King, Thing e in più To Think appartengono allo stesso ceppo. Cambia il numero di lettere, questo sì, ma l'associazione è uguale. La cosa domina e si richiama alla parola re che è king. È interessante notare come più di noi gli Inglesi carichino il valore ideale della parola thing: cosa, associandola all'azione del pensare: to think. E qui ritroviamo Shakespeare ma anche i filosofi dell'Illuminismo inglese. La cosa è un prodotto del pensiero. Quanto accade è la materializzazione di un'idea che, allo stato puro, rimane modello di riferimento astratto. In questo si ravvisano riferimenti a Platone che considerava il mondo iperuranico e delle idee slegato dall'uomo. Una sede archetipica, potremmo definirlo. Al contrario, per i popoli anglo germanici è l'uomo fautore col pensiero della realtà e qui ritroviamo quanto è proprio delle culture sciamaniche che vedono nello sciamano il primo uomo che in virtù del suo sogno ha dato vita alla Creazione.