Il tombolo e le sacre feste della luce e della casa
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Il tombolo e le sacre feste della luce e della casa

Amore e Psiche
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L'artista del ricamo di Morgan Weistling
L'artista del ricamo di Morgan Weistling

 

Il lenzuolo bianco da ricamare è l'attesa che si respira in inverno. È la purezza su cui si poseranno i fili colorati della ricamatrice. Il tombolo è il mondo bianco che respiriamo in inverno spoglio di tutto e pieno del suo beato silenzio. La parola "tombolo" ha la stessa origine di "tomba" e questo mette in risalto l'aspetto sacro iniziale del lavoro del ricamo riservato alla donna.

Il telo bianco che copre l'altare nel silenzio della chiesa è la morte invernale su cui al di sopra danzerà la vita ai movimenti misurati dei ceri accesi e del banchetto della Resurrezione domenicale che rievoca la Resurrezione di Pasqua e il trionfo della primavera. Su ogni altare si celebra al momento dell'Eucaristia il ringraziamento dei due sposi Ade e Proserpina. Un'ode al vissuto tenero ma segreto della loro unione che si manterrà nonostante la fioritura di Persefone che risale al mondo di sopra.

L'inverno è il respiro della nostra più profonda intimità che non si estingue e che fa in modo che non si estingua nelle nostre operazioni quotidiane. L'inverno è anche il religioso silenzio del credente che apre la breccia del cuore alla luce non più solo speranza, ma che diventa dalla Resurrezione in poi, compiuta certezza.

Il telo bianco di lino o di cotone si riconosce dal profumo fresco e antico che risale all'origine del mondo, su cui Gea pose la sua mano. Non c'è ricamo che non comprenda il punto erba e il punto croce. La creazione anche del più inutile filo d'erba è armonia costruita sul calcolo che ha bene a mente la ricamatrice nei suoi passaggi col filo. Il ricamo è donna come la fantasia e l'esplosione creativa. È computo del tempo tramite il quale dona la vita. La purezza del telo sul tombolo è un richiamo alla luna e al suo riflettore acceso che senza abbagliare penetra nell'incarnato e ravviva i desideri più intimi. È il fiocco di neve che cade e copre a proteggere ogni respiro vitale.

Il filo del ricamo è gioia sottile che riempie il focolare. È il silenzio in cui s'immerge chi crea e che profuma la casa. Così come nell'antica Roma, il ricamo nell'Ottocento era una delle attività che rendevano virtuose le donne. Il silenzio della donna si riempiva di bellezza e si gonfiava come vele al vento di mare, portandola senza imporsi a dirigere la prua di tutta la famiglia. Le donne ricamatrici si scambiano pensieri e confidenze. Non sono le tramatrici maligne. Sono le fate buone che reggono l'armonia della casa.

Se l'attività di pittore era prevalentemente riservata all'uomo, la donna col ricamo si riprendeva una sostanziale rivincita e non solo all'interno dell'ambiente privato. Le ricamatrici avevano un nome che risuonava alto e a distanza. Lenzuola, teli ricamati compongono il corredo matrimoniale di ogni donna che vive la soglia dell'adolescenza con questo miraggio. Il pennello del pittore è l'ago della ricamatrice. La pittura, i fili colorati. Nell'Ottocento la buona moglie e la zitella infelice erano accomunate dal lavoro del ricamo, un errore considerarlo passatempo. Le signorine attempate spesso diventavano maestre di ricamo, le mogli e madri invece, confezionavano lavori per la famiglia che diventavano fiori all'occhiello davanti a parenti e amici in visita. Il ricamo era un'attività destinata alle donne di buona famiglia. Operaie e contadine avevano ben altre preoccupazioni a cui pensare, soprattutto se si tiene conto che arnesi e stoffe avevano il loro costo e spesso era proprio questo a fare la dovuta differenza tra i ceti. Più si saliva di rango, più le stoffe di lino e cotone diventavano pregiate. Il filo di seta impreziosiva il tutto.

Ancora oggi in determinate aree del Sud Italia persistono le richieste a ricamatrici di professione di creare corredi e corredini a pagamento. È un'attività che anche nell'Ottocento andava di pari passo con la sartoria di qualità e che sta ritornando in auge come qualsiasi attività artigianale. Anticamente era della donna ricamare stole, tappeti e persino quadri. Oggi questi lavori hanno riconquistato il loro valore che conservano e tramandano una lunga tradizione. La Murgia brindisina e tarantina, il Salento sono aree ancora votate a questa forma d'arte che ha conferito ulteriore risalto e bellezza alle cittadine bianche pugliesi. Il bianco caratteristico di quest'area meridionale racconta l'attesa della pietra di venire agghindata di fiori dopo i freddi e imbiancati inverni. Il bianco è il colore del sole e della neve che ha il timbro lunare. Della luce morbida e soffocante. È il colore dell'inventiva della donna che traccia e intreccia il suo racconto.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.