Nel bene e nel male, c'è sempre qualcuno che rimpiange qualcun altro sul punto di morte, dove non si è mai veramente soli. Qualcuno vicino o qualcuno distante che è presente e assiste. Si parte per un viaggio infinito dal quale mai alcuno è tornato nelle nostre sembianze a visitarci. Eppure, chi ha fede e non solo, sa che il dipartito è ovunque e non limitatamente al cuore.
Dipartire è partire dividendo, perdere l'unità fittizia della forma per abbracciare quella vera della luce. Dipartire è separarsi dalla vacuità e dalla vanità per ritrovarsi integri su altri piani e per offrirsi al modo sotto altre vesti. Il dipartito è sacro perché si separa dall'inutilità della vita, mutando i paesaggi interiori di chi resta.
È la sconfitta del senso di giustizia la morte, della nemesi dichiarata nell'esistenza. È la fioritura di qualcosa di bello, di una casa dolce che la vita nei suoi percorsi ha offuscato.
Il tempo allontana e definisce. Chi è allora il vero estinto? Chi abbiamo lasciato col cuore a una stazione da cui in solitaria abbiamo proseguito il viaggio. Tornano i ricordi e la neve purifica, toglie, espropria, riconducendoci alla verità invisibile.
Sulla pista del sole
Siamo quadri inchiodati
nell'infinitudine del tempo,
solitudine inoltrata
che si spegne nel fiato.
Siamo alberi, sentinelle
nel silenzio vegliardo, che attendono
di riempirsi di gemme e luce.
Un sepolcro imbiancato è la via dell'inverno,
un sentiero che porta al sole
nel cielo grigio, indistinto
che noi non vediamo e salutiamo soltanto,
pregando,
intonando fiori al lume della speranza.
Dimmi che tornerai
e ritornerò in me
a saziarmi di te,
nel tabernacolo del nostro silenzio.
Ippolta Sicoli