Osservare è tuffarsi in se stessi. È una forma di scoperta di una relazione segreta che ci fa sentire a casa. L'osservazione è quindi contemplazione di chi si è e del regno di appartenenza. Nella parola "contemplazione" ritroviamo le radici di "intus legere: leggere dentro, che è anche un riflettersi nell'altro attraverso "il leggere in te" che apre al confronto.
Contemplare contiene la radice "templum" dei luoghi deputati alla devozione e alla celebrazione del Sacro. Attraverso la contemplazione noi accediamo a una nuova terra che è il luogo dello spirito. La contemplazione fa ritrovare quell'appartenenza che ha sede in tutti gli esseri viventi animati da un profondo senso di nostalgia verso ciò che dimora in alto e travalica il senso del tempo concepito in tutte le sue definite misure. Il tempo è un luogo e i luoghi sono manifestazione della luce che si esprime tramite il tempo. Alla stessa radice di "templus=tempio: spazio riservato agli dei" si riconduce pertanto la parola "tempo" che circoscrive l'infinito espresso dall'immagine del cielo nello spazio osservabile attraverso le mutazioni e le alternanze continue che esso ospita in seno alla natura.
Chi contempla va oltre le nuvole e oltre le barricate. Vede il cielo quale propria emanazione e quale proiezione di se stessi in tutte le cose. Scopre la transitorietà terrena che educa alla bellezza salvifica attraverso la varietà di espressioni con cui si manifesta la vita.
Chi contempla ritrova la propria casa e tutti i suoi abitanti in un afflato che sublima la dimensione terrena e ci fa essere fiore unico in un bouquet di meraviglie.