I fantasmi sono più vicini a noi di quanto possiamo sospettare. Sono con noi e noi siamo con loro. Sono fluttuanti e a volte ogni barriera tra noi e loro si dissolve. Siamo fantasmi in una vita che non riusciamo a gestire, e quando ciò accade i fantasmi non sono più coloro che profumano di luce perché vicini all'essenza nascosta di ogni cosa, ma figure scialbe senza alcuna consistenza, disperate perché incapaci di farsi ascoltare.
Siamo soliti pensare che sia il vento a condurci e ignoriamo quanto esso sappia ascoltarci. In una società che ha smarrito il dono dell'ascolto, tutto appare imposizione e forzatura. Il ramo che si spezza diviene metafora di chi resiste ad ogni costo, senza rientrare nel flusso delle cose, altro il ramo che si flette.
Abbiamo perso il senso dell'abbandono necessario a rientrare nel corso fluido delle cose. L'abbandono è un momento dolce e si verifica in precise condizioni di predisposizione all'ascolto. In queste condizioni maturiamo la convinzione che la Natura ci viene incontro e non contro. La sua presenza è una carezza che ci ammansisce facendoci perdere l'austera rigidità.
L'abbandono quindi non è sempre perdita e sconfitta. Spesso è l'incontro con Dio che a suo modo si flette verso di noi, smussando gli angoli delle nostre acredini. Allora l'abbandono diviene ritorno a una casa che ci appartiene e che non sempre riconosciamo. È ritorno assoluto tra le braccia dell'infinito che palpita ancora nei nostri angoli più intimi. È di intro all'estasi che ci rende umili ma assolutamente pregni di valore spirituale. Per questo alti. È fiducia e amore che ci risolleva da ogni incertezza.