Quanto si associa all'Inferno per immagini burrascose e turbolente, proiettato nel cielo assume carattere liberatorio e connotati di sublime ed esaltante bellezza. Dobbiamo arrivare al Romanticismo e al suo avamposto neoclassico per superare quelle barriere associative che soprattutto nel Medioevo impedivano di cogliere la Bellezza nella sua totalità. Imparare a vedere è delle menti libere, scevre da ogni condizionamento che vada a influire soprattutto sulla Bellezza percepita.
L'alba cosparsa di vagabonde nubi ci ricorda che dagli inferi nasce la vita. Un cielo che rimbomba di tonalità screziate di rosso e bronzo non va giudicato. Esso va colto e assaporato nel suo essere percepito quale tassello prezioso del Creato. La mutevolezza è parte importante di quella Bellezza che transita nel tempo associato alle nuvole.
Il Sublime esalta quanto la distensione va accarezzando con le percezioni di equilibrio che rilascia. Gli sbalzi hanno il loro spettro di armonie a cui noi ci andiamo assuefacendo. La Bellezza è parte impulsiva della libertà e quanto più ci si va allontanando da questa, tanto più gli schemi canonici soverchieranno la percezione e il rilascio della Bellezza attraverso le opere e i loro contenuti. L'addomesticamento con la privazione della libertà non può non ledere all'esplosione della Bellezza più autentica. Gli eccessi a cui ci sottopone l'attuale orientamento sociale ne sono la comprova. Agli eccessi tramite un acceso esibizionismo fanno da contrappunto i diritti a singhiozzi rilasciati, quasi fossero delle concessioni volute da chi ci amministra e alle quali di regola non saremmo ammessi. È quanto andiamo sperimentando con le riaperture e il passaggio alle zone bianche, quasi fossero il premio per buona condotta riconosciuto dallo Stato. Ci stiamo allontanando dai diritti e da quanto messo a punto dall'Illuminismo sociologico di Rousseau e da quanto sostenuto ancora prima da Voltaire. In un mondo siffatto, anche la Bellezza secondo i suoi criteri più veri rischia di essere compromessa dall' anarchismo ossia, da quella libertà violentata atta a modificare l'ordine naturale delle cose e quanto da noi percepito.