La lontananza si traduce in nebbia all'alito del vento che sfuma i contorni delle forme in movimento, facendo danzare il petto.

È gioia il vaporoso ondeggiare delle chiome che stordisce la vista ingessata nelle cose tristi, urbane e pregne di smog. La nebbia ha tanti aspetti e il pittore la traduce abbinandola al proprio stato d'animo. C'è la nebbia che come fenomeno in sé ci trasferisce nell'irreale, sfamiliarizzandoci da quanto avviene nel luogo caro. A banchi o stagnante è poesia, ribaltamento del cielo che si gonfia a valle con cavalloni di spuma, invogliando a danzare i bambini che custodiamo in noi. A saltare tra anelli di fiaba senza ritornare giù.
È ricordo la nebbia, presenza sfuggente eppure presente, di un tempo che non è mai andato via, mai tramontato. E tutto suona nuovo e quasi ostile, mentre sorge silenziosa, annacquando le pianure di stagnante silenzio che intrappola e sembra ricondurre a un luogo che non esiste.
È la casa dei poeti, la nebbia.
Ad essa si finisce col dare umore e sapore. Colore e odore. Un tappeto di nebbia per ciascun pittore di versi, o poeta o scrittore. A ciascuno la propria nebbia, odiosa o desiderata che sia. Perché è il luogo delle foreste dimenticate, dei labirinti mai attraversati. E ci rende tutti prodi naviganti.
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