Siamo di chi raccoglie la nostra anima e la riversa in se stesso.

Raccogliere e accogliere sono due verbi che indicano due azioni reciprocamente compensative. Accogliere è fare proprio ciò che è esterno. Raccogliere è ripristinare l'integrità perduta. Dio raccoglie e dà forma all'essere che viene al mondo con le briciole disperse nell'Universo, particelle di Sé. In amore si ripete questo rito di aggregazione e composizione nel momento dell'atto sessuale oggi purtroppo vissuto come esperienza di pura ginnastica. Accogliere è ripercorrere il condotto dello spazio tempo che dall'Universale si sintetizza nell'individuale attraverso un'operazione spontanea che ha un che di magico oltreché di alchemico. A prescindere che si verifichi o meno la nascita, la donna beve dall'uomo il fluido dell'Universo.
Il calice che ritroviamo presente in diversi racconti mitologici e tradizioni popolari ha in sé il determinante costrutto di veicolare e ridefinire nel contingente l'universale e quindi il Divino. La donna beve, ingoia attraverso la vagina e le sue labbra l'umore più intimo maschile e a sua volta l'uomo si trasmuta in elemento divino che coopera alla creazione del mondo. Ciò in ogni essere vivente che segua gli automatismi della Natura con minore o maggiore coscienza. Teniamo conto che la consapevolezza genera un ritorno a quell'integrità perduta ed è presente in chi distaccandosene matura senso critico. L'azione riflettente è pertanto la misura più o meno evidente di questa operazione materica ancestrale. Attraverso il flusso umorale maschile il calice si converte in simbolo femminile che è la coppa.