Nasciamo nudi e torniamo alla terra nudi, pieni solo dell'amore che doniamo e riceviamo.
La corresponsione e' bere allo stesso calice. Ciò avveniva negli antichi riti nuziali ebrei e non solo. Il calice conteneva vino simbolo della sostanza divina e del sangue inviolabile che riporta l'Uomo alla sua condizione primigenia. Gli sposi tramite il vino diventano uno. Il liquido in quanto tale è indivisibile e li rende una cosa sola. Bere allo stesso calice è abbandonare le spoglie umane e ricondursi all'unità gioiosa primordiale. L'ebbrezza del vino consacra e suggella questo ritorno.
I due sposi nella loro unione mescolano il loro sangue, acqua del mare e pioggia del cielo e dall'acqua si protrae la specie. In Egitto l'acqua del Nilo che scorre e inonda è promessa di fertilità. Le piramidi lungo il fiume s'innalzano al cielo e assicurano la fertilità e l'immortalità del popolo rappresentato dai faraoni che discendono e sono dono del cielo. La promessa di eternità associata al firmamento è la vera fertilità della terra e deriva dalla cultura mesopotamica sorta sull'orientamento dello sguardo al cielo. Dai morti che brillano nelle costellazioni celesti sgorga la vita secondo l'antica rappresentazione della dea Nut. L'immortalità trascende la morte e la nutre con la bellezza che è il succo della vite secondo i culti dionisiaci e orgiastici. Gli sposi danzano e la danza è promessa augurale di continuità col mondo dei cieli al quale la terra è devota. Nut, la madre eterna è altrove il mistero della sovranità femminile che disperde le sue gocce di latte per la volta del cielo assicurando la prosperità del firmamento.
Non può esserci fertilità e benessere sulla terra che è riflesso del cielo, se non iniziando dagli alti piani dell'etere irraggiungibile. La terra e il cielo sono tutt'uno e come inizialmente, ritornano ad esserlo con i riti nuziali