L'angoscia è uno stato di compressione. Insorge e si diffonde in mancanza di punti di riferimento stabili.

Più l'uomo perde il contatto con il suo umanesimo, più dilaga l'angoscia associata al male di vivere. Di angoscia si parla nelle epoche buie, nell' oscurantismo greco a causa delle invasioni doriche, nel nostro Medioevo in rapporto al confronto con popoli con evidenti propositi di invasione. Ma è dal Decadentismo che l'uomo sviluppa l'angoscia come inermità a fronteggiare ciò che non conosce, un mondo nuovo che si va profilando e che tende a spazzare via ciò che c'era stato prima. L'angoscia ha quindi la capacità di ottenebrare la memoria, ostruendo la capacità di elaborare un rapporto costruttivo e di dinamicita' col passato.
Valori e convinzioni crollano. L'angoscia diviene quindi uno stato di avvilimento che porta l'uomo a rinchiudersi in se stesso, nel proprio alfabeto emozionale che ancora è capace di elaborare. L'Urlo di Munch anticipa l'atarassia del mondo occidentale a cui soltanto il confronto con le teorie mistiche orientali potra' offrire squarci di sereno sulla prospettiva esistenziale. Diversamente dalla paura che produce reazioni, l'angoscia è un precipitare lento attraverso la gola dell'espressività che si chiude, impedendo all'uomo di urlare e ribellarsi. È il limite dell' Esistenzialismo novecentesco che da Sartre a Moravia travolge il mondo con la sua nube scura.