L'ingegnosità è dell'apparire. L'incombenza di ciò che appare è una forma di resurrezione di quelle basi che non vediamo e che nel ciclo stagionale corrispondono all'inverno e, nella concezione della casa come microcosmo, alla cantina.
In questa sensazione di avvertire ma al contempo di smarrimento c'è dell'innocenza propria di chi non riesce a ricordare la strada del ritorno. I fiocchi a fine inverno sono petali strizzati dal cielo o ali di farfalla scesi a baciare la terra, mentre dal manto bianco fanno capolino i bucaneve col loro profumo d'infanzia. Ecco, il terreno sommerso dalla neve è la culla di provenienza che il germoglio smarrisce rinvenendo alla luce. È dei bimbi la levità che associamo all'acqua e al volo. Quella capacità intrinseca della vita di rotolarsi cammin facendo arrampicandosi verso la luce. È dei bambini nutrirsi di cielo e sedere in grembo a una nuvola. E' dei bambini e dei poeti che reggono l'impronunciabile.
Ci si appartiene anche stando lontani, e questa forma di gentilezza o grazia ritrovata parla della nostra innocenza perduta, altro dall'ignoranza e dall'ingenuità. Ce lo ricorda il cielo ogni giorno. C'è una grazia che ci corrisponde e risiede tra le labbra dell'alba, tra le braccia del mondo. A noi ritorna sottoforma di evanescenza, sbiadito ricordo di una patria materna. L'innocenza è un quieto sentire su cui la cultura dovrebbe agire aprendo una pista di luce. Nel percorso di rinvenimento i riflessi sono tutto. È la luce che si diversifica nelle forme lasciando incontrare la fonte e la materia. Da questo scaturisce il significato principe della cultura che consiste nel fare luce nella tenebra a sua volta riflesso di una fonte nascosta. Su queste basi possiamo allora riconoscerci stelle pulsanti o quadri di ombre luminose che agiscono di propria luce.
L'innocenza è impulso e aderenza indirizzata verso il senso di appartenenza consapevole, raggiunto con una matura coscienza. Nuocere, Innocenza e Noce hanno la stessa origine etimologica. La noce è il nucleo che conserva l'essere immune e preservato nella sua integrità naturale. L'innocenza è natura nella sua spontaneità primordiale e si differenzia dalla verginità concepita come sintesi dalla speculazione del pensiero. La rosa ha le spine per proteggersi e non per attaccare e il gusto del male non le appartiene. Per questo rosa pulcherrima e rosa mistica sono attributi sacri, riflesso di un universo ancestrale presente in chi coltiva la sua innocenza, investendola di una matura consapevolezza identitaria.