Al di là della considerazione devozionale, ci sono santi che stimolano un interesse che va ben oltre quello religioso e abbraccia la sfera antropologica. San Vito martire è tra questi.
Il culto sarebbe fiorito al tempo dei primi martiri cristiani, intorno al III secolo e già questo c'introduce all'innesto della cultura cristiana sul background pagano. Il nome Vito secondo accurati studi etimologici è legato alla parola vischio e ci dice molto del culto del santo legato agli ambienti druidici francobretoni. La parola druido dall'antico bretone, racchiude le parole quercia e vischio ed è indicativa dell'area di provenienza. Il vischio, simbolo dell'autorità sacerdotale druidica e’ complementare alla quercia, simbolo dell'autorità regale. Il vischio, pianta parassita che succhia la linfa delle piante ospitanti uccidendole, è simbolo di rinascita presso le culture che riconoscono la morte come realtà di passaggio. Esso ha il suo corrispettivo nella mediterranea edera associata ai culti dionisiaci. Ed è proprio nelle aree del Sud Italia e del Sud Europa che la devozione per San Vito si diffonde nel Medioevo, integrandosi a quella preesistente magnogreca.
San Vito come Dioniso è un giovinetto dai tratti femminei. Trascinatore della follia femminile viene associato alla danza bacchica delle tarantolate nelle aree ioniche pugliesi infestate dai culti dionisiaci. La regalità spirituale del vischio porta San Vito a curare e a guarire le patologie interiori e psichiche. Il guaritore è pertanto anche colui che immette alle conoscenze interiori, causando il dissesto psicologico di chi abbandona la conoscenza razionale per immergersi nella dimensione femminile dell’inconscio. La resistenza a questa forma di abbandono causa forti lacerazioni nell'equilibrio psicofisico. Non a caso San Vito nei Paesi Balcanici è il protettore degli occhi che simboleggiano la conoscenza esterna, del mondo nonché l’apertura rivolta ai meandri dell'interiorità.
Il ballo di San Vito raccontato da Vinicio Capossela, diffuso in molte aree salentine è equiparato alla taranta. Il morso del serpente è associato a quello della tarantola. Il binomio veleno farmaco ha radici remote come ben c'insegna la cultura tantrica tibetana e ci catapulta nella cultura primordiale della bivalenza Apollo Adone.
Come il culto di San Vito abbia raggiunto le nostre latitudini è tuttora spiegabile con la dispersione delle sue reliquie. Non è un azzardo dubitare dell’esistenza storica del santo oggi attuale più che mai per il seguito che raccoglie intorno a sé, per il corredo ancestrale che lo riguarda e per l'introduzione al mondo dell’inconscio.