Sono le avversita' ambientali ad acuire l'ingegno.
Il divario tra i diversi esempi di civilta' aumenta a mano a mano che si scende di latitudine e spesso ci si chiede come mai. Siamo soliti associare l'immagine di civilta' alle popolazioni nordiche per l'evoluzione tecnologica che non sacrifica ne' mina l 'ambiente. Sembra quasi che il cammino evoluzionistico umano abbia seguito scale ascendenti e discendenti in rapporto al clima. Eppure questa e' una teoria che non mette tutti d'accordo e soprattutto chi sostiene che la culla della civilta' sia dei popoli mediterranei, d quello greco nello specifico in quanto si e' espanso abbracciando l'intero bacino mediterraneo, per poi affievolire la sua importanza a seguito di dure battute d'arresto.
Come mai un popolo considerato il promotore della filosofia versa oggigiorno in una condizione di arretratezza? Il nocciolo della questione sembra risiedere paradossalmente proprio nel paradigma culturale della civita' classica. L'evoluzione del Pensiero e del linguaggio attraverso i suoi sistemi comunicazionali basati sulla dialettica evidenziano uno scollamento tra l'uomo e l'ambiente di cui e' parte. Quando si parla di ambiente in rapporto a una civilta' , ci si riferisce alla culla primigenia,,ossia alla Natura in cui trova spazio ogni forma di vita.
Di fatto la Grecia nei suoi processi evolutivi si e' emancipata sotto l'aspetto teoretico, del Pensiero in astrazione, plasmando la filosofia. Il Pensiero ha condotto i Greci sulla via di una dissociazione importante dall'attivita' pratica in relazione all'ambiente, trascurando l'aspetto di uno sviluppo omogeneo nel comparto aggregazionale. Il paesaggio e' la cornice che ispira su un piano astratto, scarsamente pregno di emozioni e si riflette in una geografia immaginifica in cui e' l'uomo greco con vizi e virtu' ad essere protagonista.
Nelle popolazioni nordiche il rapporto uomo paesaggio e' vero e concreto. La' dove la Natura e' poco magnanima l'uomo ha intrecciato un dialogo fondato sulle pulsioni ancestrali di paura e desiderio, mattoni fondanti il Mito. La Natura era l'unico riferimento che l'uomo avesse a quelle latitudini da sempre. Talmente invasiva essa appare, da respirare nell'uomo stesso e da determiarne il percorso. Se altrove si costruivano templi e gia' l'edilizia aveva raggiunto livelli alti di perfezione, le comunita' nordiche si raccoglievano nel bosco, il loro vero esempio di spiritualita'. Cio' ha garantito lo sviluppo di una religiosita' affatto slegata dall'ambiente in cui l'uomo ha ambito ad integrarsi. Di contro alla religiosita' farcita di logorroiche speculazioni razionaleggianti cosi' tipica delle civilta' a noi piu' prossime, i popoli nordici hanno sviluppato e applicato alla pratica l'intenzione di uniformarsi anziche' sfuggire, ai meccanismi naturali, improntando uno stile di vita basato sui cicli naturali e sviluppando una spiritualita' attiva sul piano emozionale e intimistico. I rigori a cui erano sottoposte dalla Natura e dal clima affatto clemente le popolazioni nordiche, anziche' inculcare la mentalita' di una linea dura da perseguire a discapito dell'ambiente, hanno solleticato la creativita', portandole nei secoli a livelli impensabili di avanzamento tecnologico che non penalizzano la Natura ma la tutelano. La ricerca scientifica foraggiata in Scandinavia a proposito delle energie rinnovabili, lo sviluppo di una economia ecosostenibile che non confligga con l'ambiente, portano all'assetto di nuovi equilibri tra l'uomo e cio' che lo circonda.
Gli Italiani, con particolare riferimento agli abitanti delle regioni centro-meridionali, hanno mantenuto nei secoli un atteggiamento di comoda indifferenza nei confronti del cambiamento, fino all' esplosione di un vero e proprio dramma nell'attualita' evidenziato da un precario assetto socio economico. Il dramma del Sud, storicamente noto come "questione meridionale", risiede nell'infinita tenerezza verso cio' che si ritiene non si possa cambiare. Questa mentalita' e' frutto di un retaggio atavico che ci porta necessariamente a confrontarci sempre con chi sta peggio, ad aprire indiscriminatamente le porte dell'accoglienza e a protenderci sulla scia di una remota apatia che traduciamo in rassegnazione. Cosi' non si si cresce, ne' si cambia.